Emma Marrazzo, madre di Luana D’Orazio, operaia morta sul lavoro a 22 anni. Sono passati quattro anni dalla morte di Luana che – per un destino beffardo – ha perso la vita sul posto di lavoro il giorno del tuo compleanno. Questa tragica ricorrenza segue di due giorni quella che lei ritiene essere la festa più importante per il Paese: 1° Maggio. Quale lo stato d’animo con cui si avvicina a questi appuntamenti? E, soprattutto, come sta?
“Io oggi vivo come una missione dare il mio contributo affinché altre persone possano essere risparmiate dal vivere un dolore atroce come quello che è stato inflitto a me. In passato, il Primo Maggio era per me una festa qualsiasi e non conoscevo realmente le condizioni del mondo lavorativo italiano e pensavo che le morti sul lavoro fossero degli inevitabili incidenti, oggi invece capisco che può non essere così. Per i primi tre mesi dalla morte di Luana ho creduto che anche il nostro dramma fosse un caso fortuito, ma la perizia mi ha messo davanti la verità: la macchina era stata manomessa. Luana non doveva morire e io sento il bisogno di gridarlo al mondo intero. Si sono approfittati del fatto che fosse un’apprendista, non è stata protetta e tutelata. E mia figlia Luana è solo una delle tante morti generate dall’inadeguatezza della legge attuale”.
Montemurlo quest’anno sarà una delle tre piazze nazionali dove si manifesterà a livello unitario la Festa del Lavoro. Presenti il segretario della Uil Bombardieri, la vicepresidente del Senato Castellone e la ministra del lavoro Calderone. Poi, l’intitolazione di una strada a Luana. Cosa dirà alla ministra?
“Io stimo il ruolo istituzionale della ministra del lavoro, ma mi ha fatto arrabbiare l’introduzione della patente a crediti. Del tutto inutile, se non deleteria. Noi abbiamo bisogno di più controlli, di maggiore sicurezza. Non bastano gli ispettori che guardano “le carte”, ci vogliono tecnici esperti che supervisionino le macchine. È stato smantellato l’articolo 18 che proteggeva i lavoratori, un errore”.
Parteciperà ai referendum dell’8-9 giugno?
“Non conosco i quesiti, mi informerò. Ma – ripeto – se è per reintrodurre l’articolo 18 sì. Con convinzione. Pensavo a una cosa personale, nel dramma, che ha acuito il dolore…”.
Cosa?
“Quando mia figlia è morta, i titolari dell’azienda non mi hanno nemmeno chiamata. Sono stata io a cercarli dopo il secondo giorno, perché volevo riavere le scarpe di mia figlia così da mettergliele ai piedi nella bara. La cosa peggiore che potessero fare è quando mio marito e il fidanzato di mia figlia sono andati a ritirare gli effetti personali di Luana e sono stati invitati a vedere la postazione dove è morta Luana, sottolineando che a terra c’era ancora del sangue. Il sangue caldo di mia figlia. E pensa che il giorno dei funerali, il 10 maggio, l’azienda ha lavorato chiudendo solo il tempo di partecipare ai funerali, come se mia figlia fosse morta da un’altra parte”.
L’aprile dello scorso anno ha consegnato al presidente del Senato una petizione di cui è prima firmataria, mentre il senatore Pirondini del M5S presentava la proposta di legge sul reato di omicidio sul lavoro. Cambiato qualcosa da quel giorno?
“Rete Iside e Usb mi hanno dato grande supporto, poiché da anni si battono per delle leggi più giuste in materia di sicurezza sul lavoro. Il M5S ha poi accolto la nostra proposta supportata dalle raccolte firme e diventata un ddl della cui approvazione il Paese avrebbe bisogno con urgenza. Per me è un sogno che in Italia esista il reato di omicidio sul lavoro ed è assurdo dover sognare un diritto”.
Cosa risponde al ministro Nordio si è dichiarato contrario all’introduzione di questo reato?
“Sono rimasta malissimo per le parole di Nordio, il suo era un “no” a prescindere e ha detto che dall’entrata in vigore dell’omicidio stradale le morti sarebbero triplicate. Ma come si fa a creare un nesso tra le due cose? Il problema non è l’introduzione di una legge necessaria, ma l’incapacità di farla rispettare. Ma il suo “no” a prescindere, dipende forse dal fatto che girano troppi soldi nel mondo del lavoro? Dovrebbero vedere mio nipote che piange e chiede di Luana, la sua mamma. O mio figlio disabile che, da quando sua sorella è morta, ha avuto un regresso ulteriore a detta dei medici (di almeno dieci, forse quindici, anni). La verità è che insieme a mia figlia siamo morti tutti. Siamo dei morti che camminano sulla Terra. L’unica cosa che mi tiene in piedi è la lotta affinché i diritti dei lavoratori siano riconosciuti e rispettati”.
Lei è seguita anche da un terapeuta, Emma?
“Sì, mi aiuta moltissimo e mi dispiace sapere che viviamo in una realtà in cui dichiarare di fare un percorso psicologico genera imbarazzo e giudizio. Quando sarebbe importante che anche nelle scuole vi fossero degli sportelli di ascolto per i ragazzi. Ti confesso, Sara, che ad aiutarmi è anche la grande fede in Dio e mi sono chiesta il giorno della morte di Luana che fine avesse fatto il suo angelo custode. Era forse in ferie? Perché non l’ha protetta? Ma poi, da cristiana, comprendo con il cuore. Ciò che non accetto è l’ingiustizia che deriva da uno Stato disattento, la cui Costituzione si richiama all’articolo uno proprio al lavoro”.
Assieme all’inasprimento delle pene, quanto è importante per promuovere la sicurezza del lavoro la prevenzione?
“Importantissima, dobbiamo avere consapevolezza dei nostri diritti. Mia figlia la aveva, in passato denunciò un’azienda perché non veniva retribuita a fronte del lavoro svolto. La seguirono anche altri lavoratori che, se lei non avesse fatto il primo passo, probabilmente non avrebbero trovato il coraggio di denunciare. Era tosta, combattiva e voleva giustizia. E se si fosse accorta che nella ditta in cui era non venivano seguiti i protocolli di sicurezza, lei avrebbe reagito. Ne sono sicura. Per questo dico che la prevenzione è indispensabile, anche per conoscere e rivendicare i propri diritti. Tutto questo a partire dalla scuola primaria”.
A proposito di istruzione, cosa pensa dell’alternanza scuola-lavoro?
“L’alternanza scuola-lavoro è aberrante, un ragazzo deve fare il suo percorso formativo magari visitando le aziende ma non può sostituirsi al lavoratore, per giunta in assenza di sicurezza. Mattia Battistetti e Patrizio Esposito sono due di queste giovani vittime, ho impiegato tanto prima di chiamare la mamma di Patrizio perché dovevo farmi forza. Ce l’ho fatta e abbiamo pianto insieme a lungo”.
Non dobbiamo più piangere vittime del lavoro…
“Sara, quando è successa la tragedia di Calenzano mio nipote era davanti la tv per caso. Mi ha chiesto: “nonna, sono morti come mamma sul lavoro?”, io gli ho risposto di sì e che per la sua mamma e per gli altri morti stiamo lottando affinché vi sia giustizia. Ma gli ho anche detto che è difficile essere ascoltati. Sai cosa mi ha risposto? “Nonna, apri la porta e vai ad urlarlo con il megafono. Dovranno sentirti”.