di Angelo Perfetti
L’anno nuovo è iniziato come è finito il vecchio: proposte di facciata, veti incrociati, maggioranza liquida. E tanti progetti che non vedranno la luce. Pur nella sua voglia di rivoluzione (almeno rispetto ai soliti schemi) il rottamatrore Renzi deve fare i conti con la palude della politica. E forse, ora che da “semplice” sindaco è diventato il leader di un partito, si rende conto che per passare dalle parole ai fatti ci vuole più di un bel discorso, anche più di un buon programma. Un vecchio proverbio popolare recitava che con troppi galli a cantare non si fa mai giorno. E se è vero che dal governo Monti, passando per Letta, le riforme strutturali sono rimaste solo sulla carta, è altrettanto intuibile che la vera “rivoluzione” non avverrà se non rimettendo il Paese nelle mani di un solo gruppo dirigente, che sia di destra, di sinistra o rivoluzionario alla Grillo. Cioè con nuove elezioni. Le larghe intese, alla prova dei fatti, hanno fallito. Siamo una nazione che ha grandi speranze e pochissime certezze, con la disoccupazione alle stelle, un debito pubblico mostruoso e una legge di stabilità senza le dovute comperture, e dunque assolutamente instabile. E dietro l’angolo c’è l’ennesima stangata; l’assaggino è arrivato con le tariffe autostradali come regalo di benvenuti nel 2014, la diminuzione degli sconti Irpef è dietro l’angolo. Poi ci sarà l’Imu che ha cambiato nome, le tasse sui rifiuti e via così…
I possibilisti
“A proposito di legge elettorale – ha detto Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia – colgo con positività il metodo proposto dal segretario del Pd Matteo Renzi sia rispetto alla possibilità di incontri e consultazioni bilaterali, sia rispetto al fatto che abbia messo sul tavolo diverse ipotesi, tra le quali c’è certamente una soluzione ragionevole, utile a garantire governabilità piena, un limpido bipolarismo e chiarezza di scelta per gli elettori. Colgo l’occasione, su un altro piano – aggiunge il leader azzurro – per anticipare che, rispetto alle scadenze elettorali che già sono in agenda (e cioé le elezioni europee, e una consistente tornata amministrativa), la nostra posizione è chiara: serve un election day per garantire un’alta partecipazione e un notevole risparmio di spese per lo Stato”. Strano a dirsi, ma tra i possibilisti c’è anche parte del Pd. Per la precisione quella parte del Pd, costituita dai circoli territoriali e locali, che non è stata consultata da Renzi e che al contrario vorrebbe avere voce in capitolo nel momento in cui il partito propone delle sterzate. Il che non è esattamente il concetto di azione che ha in testa ilo neo segretario. Il che, al di là delle inevitabili barricate che una parte dell’arco parlamentare cercherà di erigere contro la proposta di renzi, potrebbe provocare ulteriori fibrillazioni e dunque rallentamenti .
I favorevoli
“Siamo coerenti con quanto detto: noi siamo pronti al lavoro sulla legge elettorale sul modello dei sindaci”, ha detto il leader del Ncd Angelino Alfano. “L’impianto di quella legge è chiaro e ha funzionato. Non c’è bisogno di molte altre parole. Se si vuole si può. Noi la legge elettorale la vogliamo cambiare e subito”. Apertura di credito anche da Scelta Civica che, per bocca di Bendetto Della vedova “chiede da luglio un contratto di coalizione in cui si metta nero su bianco un programma di governo, con tempi certi e modalità di attuazione ben definite”.
I contrari
Il Movimento 5 Stelle non apre a niente e a nessuno: “Renzi si metta il cuore in pace non ci sarà alcuna riforma del bicameralismo perfetto con l’aiuto del M5S. Cominci a restituire il maltolto”. Su twitter Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto considerato da molti ideologo di riferimento dei 5 Stelle, è netto. E sul sito, dopo la proposta di Matteo Renzi di fare le riforme insieme, i pentastellati insistono: «Matteo Renzi, il leader telecomandato, continua ripetere a pappagallo le storielle che gli suggeriscono i suoi ignoranti mentalisti che nulla sanno né del Pd né (tantomeno) del Movimento 5 Stelle”. Ma chi pensa che i grillini siano tutti d’accordo sbaglia. In diversi si sono dissociati dalle parole di Becchi: da Prodani a Tacconi, da Rizzetto a Orellana. Il caos, insomma, regna ancora una volta sovrano. Il vero dibattito sul quale i partiti dovrebbero concentrarsi è quello sulla data delle elezioni. Solo un timing preciso su questo, e dunque il contingentamento dei lavori e degli incontri politici, potrà permettere al Paese di ripartire. Altrimenti sarà solo l’ennesima perdita di tempo. Con buona pace della rivoluzione immaginata dallo stesso Renzi.