Ursula in pressing su Trump. Ritorna la speranza di trattare

Bruxelles: il bazooka è sul tavolo ma non vogliamo usarlo. Il tycoon apre ad accordi su misura con ciascun Paese

Ursula in pressing su Trump. Ritorna la speranza di trattare

Oggi l’Unione europea adotterà la prima risposta formale ai dazi imposti dagli Stati Uniti su acciaio e alluminio. Le misure europee colpiranno beni americani per un valore di 21 miliardi di euro – è stato escluso il whisky – in risposta ai 26 miliardi di euro colpiti dalle tariffe statunitensi contro i due settori industriali europei.

L’entrata in vigore sarà scaglionata: una parte sarà operativa dal 15 aprile, l’altra dal 15 maggio. Su questo punto, i 27 Stati membri hanno raggiunto l’accordo. Permangono invece divergenze profonde sulla reazione da adottare di fronte ai dazi Usa sulle automobili e sull’ultima tariffa “generalizzata” del 20%, che Washington definisce “reciproca”.

Ursula aumenta il pressing su Trump per convincerlo a negoziare

In mancanza di una linea comune, la strategia dell’Ue al momento è quella di aumentare la pressione sul presidente americano Donald Trump, per indurlo a tornare al tavolo delle trattative. “Sia chiaro, il bazooka è ancora sul tavolo, ma speriamo di non doverlo usare. Agli Usa diciamo che vogliamo parlare”, ha dichiarato un portavoce della Commissione europea, riferendosi allo strumento anti-coercizione economica, che doterebbe Bruxelles di un arsenale di contromisure rapide e flessibili.

Non a caso viene soprannominato l’“opzione nucleare”. La Commissione ha reso noto che illustrerà agli Stati membri la possibile risposta ai “dazi reciproci” americani la prossima settimana.

Tra le opzioni, anche eventuali contromisure nei confronti delle Big Tech statunitensi. Per ora, l’Europa resta in posizione d’attesa, osservando le mosse di Trump.

Il segretario al Tesoro Usa spinge Trump a negoziare e lui apre

Una svolta potrebbe arrivare grazie all’azione del Segretario al Tesoro Scott Bessent, che domenica è volato in Florida per convincere il presidente a moderare la retorica e promuovere invece l’idea di nuovi accordi commerciali favorevoli. L’obiettivo: evitare ulteriori scossoni al mercato azionario. A riferirlo sono fonti di Politico.

Bessent, intervistato da CNBC, ha spiegato che “tutto è sul tavolo”, precisando che circa 70 Paesi (tra cui forse l’Italia?) hanno già contattato la Casa Bianca per avviare colloqui.

Trump si è incontrato ieri mattina col suo team per il commercio e ha ordinato di fare “accordi commerciali su misura” con ogni Paese, annuncia in serata la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, sottolineando che tutte le opzioni restano sul tavolo per ciascun Paese.

La premier Giorgia Meloni verrà ricevuta a Washington il 17 aprile. Una visita che, se da un lato rafforza il dialogo bilaterale, dall’altro rischia di irritare Francia e Germania, fautrici di una linea più rigida verso l’amministrazione statunitense.

Cina irritata con gli Usa. Trump: aspetto che mi chiami

Nel frattempo, anche nei confronti della Cina Trump sembra voler riaprire un canale: “La Cina vuole l’accordo sui dazi ma non sa come farlo partire. Aspetto la loro telefonata”, ha dichiarato.

In parallelo, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha avuto un colloquio telefonico con il premier cinese Li Qiang. La risposta di Pechino è stata dura.

Il premier cinese ha denunciato l’“abuso di dazi su tutti i loro partner commerciali, tra cui Cina ed Europa, con varie scuse. Si tratta di un tipico atto di unilateralismo, protezionismo e di prepotenza economica”. È il primo attacco esplicito e diretto della leadership cinese contro le politiche economiche di Trump.

Li ha inoltre rassicurato Bruxelles: Pechino dispone di “sufficienti strumenti di riserva per difendersi da influenze esterne avverse”.

La tensione ha travolto anche il vicepresidente americano JD Vance, attaccato duramente da Pechino e definito “ignorante e maleducato” per aver affermato che Washington avrebbe preso denaro in prestito dai “contadini cinesi”. Un’espressione giudicata offensiva dal governo cinese. E in serata Trump conferma dazi al 104% per Pechino a partire da oggi.

M5S attacca von der Leyen sulla Cina: ha cambiato idea?

In Europa, il M5S ha criticato apertamente von der Leyen per la telefonata con la Cina. “Dopo la guerra dei dazi annunciata da Trump, apprendiamo di un’amabile telefonata tra von der Leyen e Li Qiang. Ma non era la Cina il male assoluto? Non era così diabolica da costringere Meloni a stracciare la Via della Seta? Ora invece la Commissione torna a Pechino col cappello in mano. Siamo curiosi di vedere quali mercati alternativi troverà l’Ue per il proprio export”, scrivono in una nota i parlamentari 5 Stelle delle Commissioni bilancio e finanze di Camera e Senato.

Musk contro Navarro: è un cretino

I dazi stanno intanto spaccando anche gli Stati Uniti. Elon Musk ha attaccato Peter Navarro, consigliere di Trump, definendolo un “cretino” dopo che quest’ultimo aveva ridimensionato il ruolo di Tesla nel manifatturiero, sostenendo che Musk “è un assemblatore di auto”, dato che molte batterie Tesla arrivano da Cina e Giappone.

Secondo il Washington Post, nel fine settimana Musk ha cercato personalmente di far cambiare idea a Trump, anche sui dazi contro Pechino. Ma il tentativo, per ora, non ha avuto successo.

Kimbal Musk, fratello minore di Elon, ha infine pubblicato un post su X in cui ha bollato i dazi come “una tassa permanente sui consumatori americani”.