L’impegno sui negoziati sui dazi con gli Stati Uniti resta ma al contempo l’Unione europea è pronta a passare al contrattacco, anche se a piccole dosi. Secondo lo slogan “piano A negoziare, piano B rispondere”. È questo il messaggio che arriva dal Consiglio europeo sul commercio dei 27 che si è tenuto in Lussemburgo.
Anche se la vera sfida sarà trovare le contromisure che abbiano il necessario consenso tra i Paesi membri. E qui ancora non c’è del tutto unità di intenti. C’è unità invece nella prima risposta che l’Europa è pronta a dare agli Usa.
Partono i contro-dazi all’Ue il 15 aprile
“Nonostante tutte le discussioni che abbiamo avuto, abbiamo visto i dazi imposti all’Ue il 2 aprile, e quindi, penso che dobbiamo procedere con l’adozione delle nostre contromisure. Tutte le scadenze sono chiaramente determinate dal processo legale. Ci aspettiamo il voto mercoledì, e una volta fatto questo, la riscossione dei dazi inizia il 15 aprile per la prima parte, e nel pieno rispetto della metodologia Wto, la seconda parte entrerà in vigore 30 giorni dopo. Quindi parliamo del 15 maggio”, ha spiegato il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic.
“In questo caso parliamo della risposta alle contromisure all’acciaio, all’alluminio e ai derivati”, ha aggiunto. Nella lista, da una prima verifica, non risultano inseriti superalcolici americani come il whisky.
Sulle altre contromisure da mettere in cantiere per il futuro c’è un gruppo di falchi, guidati dalla Francia, e che comprende anche la Germania, che arriva a proporre il cosiddetto bazooka dello strumento anti-coercizione, che chiuderebbe le porte del mercato Ue agli Usa.
Parigi e Berlino guidano il fronte dei falchi
“Noi siamo contrari a qualsiasi guerra commerciale, faremo di tutto per un confronto. L’obiettivo è negoziare questa escalation. Se non è possibile, di certo l’Ue reagirà fermamente. E’ un momento molto pesante, importante per l’unità europea”, ha detto il ministro francese delegato per il Commercio, Laurent Saint-Martin.
In merito alla messa in campo dello strumento anti-coercizione da parte dell’Ue, il ministro ha spiegato: Bruxelles “non deve escludere alcuna opzione, anche se estremamente aggressiva”. “È importante che questo Consiglio agisca con calma, con prudenza, ma anche con chiarezza e decisione. Questo significa rendersi conto di essere in una posizione di forza”, ha detto il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck, secondo cui va “valutato” lo strumento di anti-coercizione.
“Tutti gli strumenti sono sul tavolo: ce n’è una gamma”, lo strumento anti-coercizione è “un mezzo”, ma “dobbiamo vedere come vanno i negoziati per poi decidere quale usare”, ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
L’Ue deve lavorare per la “de-escalation” in materia commerciale e “se iniziamo a parlare dell’uso dello strumento anti-coercizione e simili, è per molti versi l’opzione nucleare”, replica invece il ministro degli Esteri irlandese Simon Harris.
Ma si sa che anche l’Italia è contraria e l’idea non seduce nemmeno la Polonia. L’Italia peraltro avrebbe voluto fosse rinviata anche la decisione sulla prima serie di contro-dazi, lo ha proposto apertamente ma senza successo il vicepremier Antonio Tajani.
Nel mirino una web tax europea
Sul tavolo c’è anche l’idea di una web tax europea, una sorta di equo compenso da far pagare alle Big Tech che non hanno certo problemi doganali.
“Noi la consideriamo una buona idea e anzi la rilanciamo proponendo di vincolare parte dei proventi ottenuti per sostenere le imprese europee penalizzate dai dazi. Oggi i giganti del Web pagano cifre irrisorie rispetto al loro fatturato. Questo privilegio fiscale danneggia la collettività perché, abbassando il gettito fiscale, limita le risorse disponibili per i servizi pubblici, l’istruzione, la sanità e la redistribuzione sociale”, dichiara Pasquale Tridico, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo.
La proposta di von der Leyen agli Usa: zero per i beni industriali
Intanto von der Leyen annuncia la creazione di una task force di sorveglianza delle importazioni. E fa una precisa offerta agli Usa.
“Abbiamo offerto tariffe zero per zero per i beni industriali”. Parliamo di chimica, farmaceutica, plastica e gomma, macchinari, oltre alle “auto” e agli “altri beni industriali”, spiega Sefcovic.
Intanto a parte la confusione sulla possibilità di una pausa di tre mesi sui dazi, eccetto che per la Cina, attribuita al consigliere economico della Casa Bianca, subito smentito da quest’ultima, non ci sono segnali concreti che vadano nel senso di un ammorbidimento americano da parte di Donald Trump. Che anzi minaccia di portare i dazi sulla Cina al 104%.