Poco più di tre ore per ribadire che le sanzioni alla Russia rimangono; che bisogna armare fino ai denti l’Ucraina; che si deve armare fino ai denti (e anche un po’ oltre) l’intera Europa. È l’esito (scontato) del summit dei “Volenterosi”, tenutosi ieri a Parigi, al quale partecipavano 29 Paesi, oltre alla Ue e alla Nato.
Le sanzioni alla Russia devono restare
Un incontro – voluto da Francia e Gran Bretagna, al quale ha partecipato anche Giorgia Meloni – durante il quale è apparsa da subito chiara la determinazione a non transigere sulle sanzioni nei confronti di Mosca, perché i 29 paesi nutrono “dubbi” rispetto alla reale volontà della Russia di attuare il cessate il fuoco parziale concordato in Arabia Saudita. Come hanno dichiarato al termine del summit sia il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che il premier britannico Keir Starmer.
Scholz: “Ancora lontani dalla pace”
Per il primo, revocare le sanzioni in questa fase sarebbe un “grave errore”. Per Scholz infatti non avrebbe “alcun senso porre fine alle sanzioni finché non sarà effettivamente raggiunta la pace. E purtroppo, siamo ancora lontani da questo obiettivo”. “C’è stata assoluta chiarezza sul fatto che la Russia sta cercando di ritardare la pace, sta giocando, e dobbiamo essere assolutamente chiari su questo”, ha aggiunto il primo ministro britannico, per il quale è necessario fornire un maggiore supporto all’Ucraina “per assicurarsi che Kiev sia nella posizione più forte possibile, sia ora che in ulteriori negoziati”. “Intendiamo mantenere la pressione economica, in particolare su questo punto”, ha sentenziato invece il padrone di casa, Emmanuel Macron.
Ursula vuole inondare Kiev di armi e di soldi
A fare il sunto della riunione, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: “Ho sostanzialmente tre punti chiave da sottolineare”, ha spiegato ai giornalisti, “Il primo riguarda l’ampia discussione su come rafforzare il sostegno all’Ucraina nel breve termine, sia dal punto di vista finanziario che militare: le esigenze militari dell’Ucraina devono essere soddisfatte, ma anche quelle finanziarie. E su questo posso dire che anticiperemo la parte europea dei prestiti del G7 destinati all’Ucraina”.
Pressione sulla Russia e piano di riarmo da 800 miliardi
“Il secondo tema è mantenere alta la pressione sulla Russia”, ha continuato, “È stato molto chiaro che le sanzioni resteranno in vigore”, perché “il nostro obiettivo è un accordo di pace giusto e duraturo”.
Il terzo punto fondamentale, secondo von der Leynen “riguarda il sostegno a lungo termine all’Ucraina e la nostra postura difensiva europea. In questo ambito, il piano Readiness 2030 è ovviamente cruciale. Offre fino a 800 miliardi di euro di possibilità di investimenti in difesa per gli Stati membri. Questo significa, ad esempio, appalti congiunti con l’Ucraina, nell’Ue ma anche con l’industria della difesa ucraina. Significa rafforzare la base industriale della difesa dell’Ucraina. E naturalmente, abbiamo anche bisogno di una postura di deterrenza e difesa credibile all’interno dell’Ue. Per questo dobbiamo sviluppare anche la nostra base industriale della difesa”, conclude.
Meloni dribbla i giornalisti (e non risponde alle domande)
E l’Italia? La posizione del nostro Paese è stata illustrata da una nota diramata da Palazzo Chigi al termine del vertice, visto che Meloni non si è fermata a parlare con i giornalisti e, soprattutto, a rispondere alle loro domande…
“Lavorare con gli Stati Uniti”
“Ribadendo che non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”, si legge nel comunicato, nel corso del summit “il Presidente Meloni ha sottolineato l’importanza di continuare a lavorare con gli Stati Uniti per fermare il conflitto e raggiungere una pace che assicuri la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina, auspicando il coinvolgimento di una delegazione americana al prossimo incontro di coordinamento”.
Un equilibrismo destinato a infrangersi
Una posizione isolata quindi rispetto agli altri partecipanti, che testimonia sia la solitudine dell’Italia in Europa (nonché la sua irrilevanza dal punto di vista diplomatico), sia il tentativo di Meloni di rimanere comunque nell’alveo della Ue, sia infine la volontà della premier di essere la quinta colonna di Donald Trump nel Vecchio Continente. Un esercizio di equilibrismo destinato a infrangersi quanto prima, data l’inconciliabilità delle posizioni. E allora per Meloni il tempo dei giochini sarà terminato e dovrà scegliere da che parte stare.