La Sveglia

Il termostato dell’alternanza, si è fermato pure quello

Secondo il modello termostatico di Wlezien e Soroka, raccontato da Lorenzo Ruffino, l’opinione pubblica funziona come un regolatore automatico: ogni spinta eccessiva da parte del governo genera una reazione in senso opposto. Se un esecutivo accelera troppo su welfare, ambiente o immigrazione, l’elettorato tende a raffreddare il sistema votando l’opposizione. Se invece la politica è troppo fredda o prudente, cerca di scaldarla. Il ciclo si autoregola: il potere agisce, l’elettorato percepisce, valuta, corregge.

Funziona, ma solo in un contesto dove il termostato è accessibile e l’impianto reagisce davvero. Negli Stati Uniti, dove si vota spesso e l’alternanza è fisiologica, la teoria regge. In Italia, no. Il termostato è scollegato. Si gira la manopola, ma la temperatura non cambia. Il voto diventa sfogo, non correzione. La democrazia resta formalmente accesa, ma la stanza è fuori controllo. E intanto i governi si succedono senza mai pagare davvero il conto delle loro scelte.

Ruffino osserva che a reagire sono solo i moderati. Ma sono pochi e isolati. Il resto dell’elettorato è inchiodato: polarizzato, disilluso o semplicemente stanco. La stanza brucia, ma ci si litiga sulle finestre. Intanto chi è ai margini sopporta in silenzio. E chi dovrebbe ascoltare, preferisce misurare l’umore con sondaggi usa e getta.

Il punto non è se il termostato funziona. È: chi può ancora usarlo? Chi ha voce, strumenti, attenzione? Chi è fuori dalla stanza, più che regolare il clima, si abitua. O si spegne. E la politica, intanto, continua a occuparsi della percezione. Il rischio non è solo il caldo o il freddo. È che nessuno si alzi più per cambiare l’aria.