Penosa la kermesse pro Europa del 15 marzo a piazza del Popolo a Roma. Non s’è capito cosa volessero i manifestanti, forse non lo sanno neanche loro.
Igor Varale
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Gentile lettore, in effetti mi sembra che la manifestazione sia stata un inno alla Babele, altro che l’Inno alla gioia di Beethoven di cui ha parlato Jovanotti. La Babele sta nel fatto che auspicare più Europa, plaudire al riarmo e nello stesso tempo invocare la pace è una contraddizione in termini. Ho scritto più volte che l’Ue, nata per costruire la pace dopo due guerre mondiali, si è gradualmente trasformata in un’entità bellicista, che diffonde la più paurosa bugia di questo secolo, ossia che la Russia vuole invadere l’Europa: l’antecedente è la fantomatica arma di distruzione di massa che giustificò la strage di mezzo milione di iracheni. Il piano ReArm Eu è il figlio mostruoso nato da questa menzogna. Già tre anni fa, all’inizio della guerra, si era capito che le dirigenze europee, sempre più screditate presso i rispettivi popoli, vedevano nella guerra lo strumento di auto rigenerazione di sé stesse. La manifestazione organizzata da Michele Serra e Repubblica ha esposto in modo penoso, quasi ridicolo il distacco crescente tra élite e popoli. 15 o 20 anni fa l’Italia era di gran lunga il Paese più europeista di tutti, mentre oggi è quello più euroscettico, e una simile metamorfosi si registra in molte delle nazioni dell’Ue. Quindi le élite sono rimaste alla realtà di 20 anni fa, ancorate a qualcosa che non esiste più. Gli scollamenti tra i popoli e le élite si tramutano quasi sempre in disastri storici. Temo che stia per avvenire.