Donald Trump ha giurato da poco come 47esimo presidente degli Stati Uniti e ha già iniziato la sua crociata contro la scienza climatica. Il primo atto simbolico: l’uscita dagli Accordi di Parigi, tra gli applausi del mondo fossile e di chi continua a negare la crisi climatica per interesse o per convenienza ideologica. Il secondo: dichiarare l’”emergenza energetica nazionale” per deregolamentare il settore petrolifero e spingere nuove trivellazioni, anche nelle aree protette. Il terzo: definire il Green New Deal una “truffa”, perché quando la realtà del surriscaldamento globale diventa innegabile, l’unica alternativa è attaccarla con la menzogna.
Ma la questione, per l’Italia, è un’altra: come la nostra stampa ha raccontato la nuova offensiva trumpiana contro il clima. Lo studio “Drill, baby, drill!” realizzato da Greenpeace Italia e dall’Osservatorio di Pavia analizza il trattamento mediatico delle dichiarazioni di Trump su giornali e telegiornali italiani tra il 13 e il 31 gennaio 2025. Il risultato? Un mix di superficialità e acquiescenza, con un’informazione che oscilla tra la cronaca piatta e il silenzio imbarazzato. In metà dei casi, i media italiani si sono limitati a riportare le dichiarazioni del presidente Usa senza alcun approfondimento. Il 43% degli articoli sui quotidiani e il 48% dei servizi televisivi si sono limitati a trascrivere le frasi di Trump senza alcuna contestualizzazione scientifica o storica, accettando il frame della “libertà energetica” senza verificare le conseguenze.
La narrazione mediatica: superficialità e propaganda
Se la metà delle notizie resta neutra, l’altra metà almeno riporta critiche, ma il problema è il peso che viene dato alle voci autorevoli. Tra 108 articoli e servizi televisivi analizzati, solo in quattro casi sono stati interpellati scienziati. La discussione è stata dominata da economisti e politici, con l’Unione europea che, attraverso Ursula von der Leyen, ha ribadito l’impegno per il Green Deal. Ma se il ritiro dagli Accordi di Parigi è stato ampiamente riportato, la correlazione tra negazionismo climatico e eventi estremi è rimasta in secondo piano. I dati su temperature record, siccità e incendi negli Usa, su cui lo stesso Trump chiude gli occhi, hanno ricevuto poca attenzione. Nel 2024, il mondo ha vissuto il suo anno più caldo della storia, con temperature che hanno superato il limite critico di 1,5 gradi. L’informazione italiana ha omesso di connettere questi dati con la narrazione trumpiana.
Se la stampa generalista ha mantenuto un certo grado di distanza, sui social media la polarizzazione è stata più netta. I post di critica a Trump hanno enfatizzato gli effetti devastanti del suo negazionismo, ma l’onda sovranista ha colto l’occasione per rilanciare la narrazione del Green Deal come “suicidio economico”. La Lega e Fratelli d’Italia hanno diffuso contenuti in cui Trump è visto come modello di “liberazione” dalle follie ambientaliste dell’Europa. Secondo lo studio, il 40% dei post Facebook analizzati che parlano di Trump e clima proviene da ambienti di destra, che rilanciano il suo discorso anti-ecologista. L’80% delle reazioni pro-Trump si concentra sulla critica alla transizione ecologica come dannosa per l’economia.
Dati e silenzi: il ruolo dei giornali e dei social
Nei giornali, il ritiro dagli Accordi di Parigi è stato citato in 83 articoli, ma senza un focus critico approfondito. La revoca delle misure di Biden sulle auto elettriche e le nuove concessioni per il petrolio sono state raccontate come parte del “piano Trump” senza menzionare le conseguenze a lungo termine. Poche voci scientifiche sono state interpellate. Solo il 5% degli articoli ha riportato le opinioni di climatologi o esperti del settore, mentre il 65% delle fonti citate erano economisti o politici.
Le voci critiche esistono, ma spesso restano marginali. La presidente della Commissione europea ha difeso l’Accordo di Parigi definendolo “la migliore speranza per l’umanità”, e il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha denunciato il ritorno dei negazionisti climatici come “un suicidio per il pianeta”. Eppure, queste dichiarazioni sono rimaste confinate in poche righe di commento. La narrazione dominante è stata quella dell’”America che torna grande” con le trivelle aperte, mentre i timori sugli effetti del surriscaldamento sono stati relegati a un dibattito di nicchia.
Non è un problema solo americano. Trump è l’ennesima testa di ponte di una strategia globale che usa la disinformazione per rallentare la transizione ecologica. Il fatto che una parte della stampa italiana lo racconti senza filtri è il vero nodo da sciogliere. Non è solo questione di bias ideologico: è incapacità di dare priorità ai fatti, di contrapporre la scienza alla propaganda. Trump mente, i media rilanciano. E il prezzo lo pagheremo tutti.