I negoziati per Gaza si complicano, Netanyahu non sente ragioni e insiste: “L’unica possibilità è estendere la tregua”. Ma Hamas non ci sta: “Serve una vera pace”

I negoziati per Gaza si complicano, Netanyahu non sente ragioni e insiste: "L'unica possibilità è estendere la tregua"

I negoziati per Gaza si complicano, Netanyahu non sente ragioni e insiste: “L’unica possibilità è estendere la tregua”. Ma Hamas non ci sta: “Serve una vera pace”

Scaduta il primo marzo scorso la prima fase dell’accordo per il cessate il fuoco a Gaza, i negoziati di pace a Doha, in Qatar, proseguono senza sosta, seppur tra crescente pessimismo. La trattativa si rivela particolarmente complessa a causa delle posizioni inconciliabili delle parti: Hamas insiste sulla necessità di avviare la fase 2 dell’accordo, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu propone un’intesa temporanea di sessanta giorni in cambio del rilascio di dieci ostaggi, senza però prevedere il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza né offrire garanzie per una tregua stabile.

Nonostante l’impasse, che fa temere un imminente ritorno alle ostilità, le delegazioni hanno deciso di proseguire con i colloqui. A conferma di ciò, la rappresentanza israeliana, che avrebbe dovuto rientrare a Tel Aviv, ha annunciato che resterà a Doha per alcuni giorni, nel tentativo di portare avanti una trattativa sempre più difficile, se non impossibile.

I negoziati per Gaza si complicano

Ciò che è certo è che, dopo lunghi tentennamenti, al tavolo delle trattative è stata presentata la proposta di pace per la Striscia di Gaza, elaborata dall’Egitto nelle scorse settimane e successivamente sostenuta dagli altri Paesi arabi. Secondo indiscrezioni, il piano proposto in questi negoziati prevede: la stabilizzazione del cessate il fuoco; il rilascio di tutti gli ostaggi ancora in mano a Hamas; la liberazione simultanea di centinaia di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane; una possibile missione di peacekeeping sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Ma non è tutto. A far discutere è anche il dietrofront di Donald Trump, che sembra aver definitivamente rinunciato al suo piano per “liberare” la Striscia di Gaza. Contraddicendo settimane di dichiarazioni propagandistiche, l’ex presidente statunitense ha affermato: “Nessuno sta espellendo nessun palestinese”.

Potrebbe sembrare una dichiarazione marginale, ma il suo controverso piano di pace era stato più volte elogiato da Netanyahu, che lo considerava l’unica soluzione per garantire la sicurezza di Israele. Proprio per questo motivo, la svolta di Trump – che avrebbe irritato Tel Aviv – è stata accolta con favore dal portavoce di Hamas, Hazem Qassem: “Se le dichiarazioni del presidente Trump rappresentano un dietrofront rispetto all’idea di sfollare la popolazione della Striscia di Gaza, allora le accogliamo con favore e chiediamo che questa posizione venga concretizzata, obbligando Israele a rispettare tutti gli accordi di cessate il fuoco”.

Botta e risposta tra Israele e Onu

In attesa di capire se la tregua reggerà, si riaccende lo scontro – mai realmente sopito – tra Israele e le Nazioni Unite. L’ultimo episodio riguarda un rapporto pubblicato da alcuni esperti sostenuti dall’ONU, che accusa Tel Aviv di “uso sistematico di violenza sessuale, riproduttiva e altre forme di violenza di genere” nel conflitto contro Hamas nella Striscia di Gaza.

Il dossier, redatto dalla Commissione d’inchiesta sui Territori palestinesi occupati, denuncia anche: l’uso di esplosivi pesanti nelle aree civili; attacchi israeliani contro ospedali e strutture sanitarie. Il rapporto ha suscitato una dura reazione da parte di Netanyahu, che ha dichiarato: “Invece di concentrarsi sui crimini contro l’umanità e sui crimini di guerra commessi dall’organizzazione terroristica Hamas nel peggior massacro contro il popolo ebraico dall’Olocausto, l’ONU sceglie ancora una volta di attaccare Israele con false accuse, comprese quelle infondate di violenza sessuale”.