Non solo Elon Musk può decidere, da remoto, di spegnere Starlink quando vuole. Anche Donald Trump, o chiunque sieda alla Casa Bianca, potrebbe fare lo stesso con gli F-35 italiani. Il Parlamento è chiamato a discutere l’acquisto di altri 25 caccia Lockheed Martin, ma il vero punto non è la spesa: è la sovranità.
Un caccia sotto controllo americano
Secondo i servizi d’intelligence francesi, il controllo sugli F-35 rimane saldamente nelle mani di Washington. Il software, la logistica, la manutenzione: tutto passa per gli Stati Uniti. In altre parole, questi caccia possono essere disattivati da remoto o resi inutilizzabili se il Pentagono decidesse di farlo.
L’Italia ha già investito oltre 7 miliardi di euro in questi velivoli, un programma che si somma ai 7,4 miliardi per 24 Eurofighter e ai 7,5 miliardi destinati al caccia di sesta generazione Tempest. In tutto, quasi 22 miliardi di spesa in armamenti aerei solo nell’ultimo anno. Eppure, nel caso degli F-35, la nostra flotta dipende ancora da un’interfaccia digitale che risponde esclusivamente agli ordini di Washington.
La situazione non riguarda solo l’Italia. Anche la Danimarca, ad esempio, ha scoperto che i propri F-35 non potrebbero decollare senza l’autorizzazione degli Stati Uniti. Se gli Usa decidessero di attaccare la Groenlandia, la Danimarca non potrebbe difendersi con i propri aerei. Per Christophe Gomart, ex capo dell’intelligence militare francese, questa dipendenza rende l’F-35 un “cavallo di Troia” americano dentro la difesa europea.
Il Financial Times ha sollevato lo stesso problema: il Pentagono potrebbe “spegnere” gli F-35 europei con un aggiornamento software o bloccandone la logistica. Anche senza un ipotetico “kill switch”, i pezzi di ricambio e gli aggiornamenti dei sistemi sono tutti controllati da Washington. Justin Bronk, analista del Royal United Services Institute, ha dichiarato che “la maggior parte delle forze armate europee dipende dagli Stati Uniti per supporto alle comunicazioni, guerra elettronica e rifornimento di munizioni”.
Questa sottomissione tecnologica è stata costruita negli anni, con la complicità di governi di ogni colore. Nel 2019 fu il governo Conte a dare il via libera all’acquisto di 27 F-35. Oggi il governo Meloni porta avanti il programma con l’acquisto di altri 25, completando un percorso che ha visto tutti i principali partiti accettare senza fiatare questa dipendenza militare.
La difesa italiana senza sovranità
Il Parlamento discuterà presto questa nuova spesa, ma la questione è più ampia. Il controllo sulla difesa nazionale non è più nelle mani dell’Italia. L’F-35 non è solo un caccia, ma un dispositivo di sorveglianza permanente con un accesso privilegiato riservato agli Stati Uniti. E se domani Washington decidesse che l’Italia non può impiegarli in un’operazione autonoma? Se decidesse di limitarne le capacità con un semplice aggiornamento software?
A opporsi a questa cessione di sovranità non è solo una ristretta minoranza. Anche a livello europeo crescono le voci che chiedono alternative all’F-35 e una difesa realmente indipendente. Il nodo non è solo tecnico o economico: è politico. L’Italia, come altri paesi europei, sta delegando a Washington il potere ultimo di decidere quando e come difendersi. E questa, prima ancora che una scelta strategica, è una resa.
Per anni la retorica della sovranità nazionale è stata sbandierata come una bandiera da chi oggi accetta che il nostro esercito sia vincolato alle decisioni di un alleato che non garantisce più certezze. L’illusione di una difesa forte si scontra con la realtà di una tecnologia che non controlliamo. E se un giorno gli interessi statunitensi dovessero divergere da quelli italiani? La risposta è già scritta nel codice sorgente dei nostri F-35.