Con lo stallo nei negoziati di pace per Gaza, il ritorno alle ostilità appare sempre più probabile. Un’eventualità che, secondo Hamas, dipende totalmente da Benjamin Netanyahu, il quale “rifiuta di iniziare le trattative per la seconda fase dell’accordo”, con azioni che “rivelano le sue intenzioni di bloccare la tregua” per tornare a combattere.
A riprova di ciò, Hamas sostiene di aver dimostrato e di continuare a dimostrare “grande flessibilità” nei colloqui con i mediatori per l’accordo sugli ostaggi e il cessate il fuoco, e di essere in attesa dell’esito degli sforzi di Egitto, Qatar e Stati Uniti per convincere Israele a evitare un sanguinoso ritorno ai combattimenti.
Il problema è che arrivare a un accordo appare difficile, poiché Hamas continua a chiedere il completo ritiro dell’IDF dalla Striscia, rifiutando ogni ipotesi di prolungare la prima fase del cessate il fuoco, mentre Netanyahu non sembra disposto ad andare oltre una tregua di 30-40 giorni. Se le posizioni delle parti non cambieranno, i negoziati rischiano di naufragare ancora prima di entrare in una fase di reale discussione.
La pace a Gaza si allontana e Hamas svela il bluff di Netanyahu che sta sabotando i negoziati al Cairo per riprendere la guerra
A confermare questa direzione sono anche le parole del ministro delle Finanze israeliano e leader dell’estrema destra, Bezalel Smotrich, che ha rivelato come il nuovo Capo di Stato Maggiore abbia un piano ben diverso dal suo predecessore: “Vuole una campagna molto più intensa, rapida e potente, il cui obiettivo è l’occupazione della Striscia di Gaza, la completa distruzione di Hamas e il ritorno degli ostaggi”.
Proprio per questo, diverse famiglie degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas si sono radunate davanti al ministero della Difesa a Tel Aviv, organizzando una veglia per chiedere a Netanyahu di non tentennare ulteriormente e di raggiungere un accordo il prima possibile.
Ai manifestanti, che si sono alternati nei turni di veglia, si sono unite le attiviste del movimento femminile Shift 101, tra cui Einav Zangauker, Anat Angrest e Viki Cohen, tutte madri di ostaggi, che accusano il governo di aver abbandonato i loro figli.