Cronaca di un vertice dall’esito annunciato e scontato. L’atteso faccia a faccia tra Anm e Giorgia Meloni si è risolto in un muro contro muro. Ognuno fermo nelle sue posizioni. L’unica apertura dell’esecutivo nei confronti delle toghe arriva in merito alle leggi di attuazione della futura riforma della Giustizia, se il provvedimento passerà.
Ma la separazione delle carriere dei magistrati, l’Alta Corte e i due Csm restano i punti cardine del progetto del governo, che è deciso a “proseguire con determinazione e velocità” il suo percorso di attuazione, auspicandone l’approvazione in tempi rapidi.
Ognuno procede per la propria strada
L’incontro a Palazzo Chigi chiesto dallo stesso sindacato delle toghe, durato oltre due ore, non ha cambiato di una virgola le posizioni di entrambe le parti. “Non lo considero un fallimento. Abbiamo preso atto con molta chiarezza di una volontà del governo di andare avanti senza alcun tentennamento, e alcuna modifica sul punto”, spiega il leader dell’Associazione, Cesare Parodi, dopo il lungo colloquio con la premier e i suoi due vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, il Guardasigilli Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano.
I magistrati si sono presentati con sulla giacca la coccarda tricolore, utilizzata giovedì scorso in occasione dello sciopero contro la riforma. “Abbiamo chiesto un maggiore rispetto per i magistrati, che vengono spesso accusati di produrre dei provvedimenti non giurisdizionali ma ideologici. Io ho chiesto con forza che questo atteggiamento possa essere modificato. I magistrati sono i primi a rifiutare evidentemente questa logica”, ha detto Parodi, sottolineando che la presidente del consiglio “ha risposto che la politica a sua volta sente di essere attaccata in qualche misura”.
E ancora: “Abbiamo fatto presente questa situazione di profondo disagio che noi avvertiamo e hanno risposto. Hanno parlato più persone, non soltanto il presidente Meloni ma anche Tajani, Salvini, Mantovano, il ministro Nordio e tutti quanti hanno fatto presente che avvertono dal loro punto di vista questa situazione”, ha spiegato Parodi, riferendosi alla percezione di attacco che la politica ha da parte della magistratura.
Il governo avanti sulla riforma, il sindacato delle toghe avanti sulla mobilitazione
Ma se il governo non cede sulla riforma, il sindacato delle toghe proseguirà la sua mobilitazione cercando di far capire alla gente comune – in vista del possibile referendum popolare sul provvedimento – “quello che molte persone non credono, perché tanti pensano veramente che noi siamo qui per difendere interessi corporativi, la casta, i privilegi. Sono queste convinzioni che ora l’Anm punta ad abbattere. Ci saranno manifestazioni, ma di varia natura. Ci saranno dibatti, ci saranno interventi sui social, ci saranno, speriamo, interventi televisivi, pubblicazioni sui giornali, opuscoli e incontri con la gente”, ha aggiunto.
Oltre alla secca smentita – durante il confronto – dell’intenzione di togliere ai pm la guida della polizia giudiziaria per le inchieste, in serata è poi arrivato un messaggio di distensione, che però per i magistrati è un palliativo: Palazzo Chigi ha annunciato “la disponibilità di aprire un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione della riforma e sul documento in otto punti presentato dall’Anm, che riguarda l’amministrazione della giustizia”.
Il contentino del governo: magistrati coinvolti nell’attuazione della riforma
Insomma i magistrati saranno coinvolti nella messa a punto finale della riforma, quando questa sarà già approvata dal Parlamento ed eventualmente con il referendum in questa legislatura, senza più tornare indietro attuando – secondo l’esecutivo – “il giusto processo, in contraddittorio, davanti ad un giudice che non deve solo essere terzo, ma che deve anche apparire terzo”.
Su questo Meloni aveva incassato l’appoggio in mattinata dell’Unione delle camere penali. “Abbiamo invitato il governo ad andare avanti senza tentennamenti sulla via di questa riforma fondamentale”, ha spiegato il presidente dei penalisti, Francesco Petrelli.