La tregua a Gaza ha le ore contate: Netanyahu e il nuovo capo dell’IDF assicurano che “la missione contro Hamas non è ancora terminata”

La tregua a Gaza ha le ore contate: Netanyahu e il nuovo capo dell'IDF assicurano che "la missione contro Hamas non è ancora terminata"

La tregua a Gaza ha le ore contate: Netanyahu e il nuovo capo dell’IDF assicurano che “la missione contro Hamas non è ancora terminata”

Sembrano ridursi di ora in ora le possibilità di un prolungamento della tregua nella Striscia di Gaza, con il governo israeliano che continua a lanciare segnali che lasciano presagire un’imminente ripresa delle ostilità con Hamas. Che la situazione stia precipitando, complice un perdurante stallo nei negoziati di pace, dove entrambe le parti non sembrano realmente intenzionate a trovare un accordo, è confermato dalle dichiarazioni del nuovo Capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano (IDF), Eyal Zamir, che nel suo discorso di insediamento ha usato toni molto duri.

“Il compito che ricevo è chiaro: condurre l’IDF alla vittoria”, ha dichiarato Zamir subito dopo il passaggio di consegne con il suo predecessore, Herzi Halevi. “L’IDF è l’esercito del popolo. Di fronte alle minacce esterne, dobbiamo rafforzare la coesione tra i ranghi e lavoreremo per allargare le nostre forze”, ha aggiunto. Poi, rivolgendosi direttamente alle famiglie degli ostaggi ancora detenuti da Hamas, ha promesso: “I vostri cari sono sempre nei miei pensieri. Il nostro dovere morale è chiaro: riportarli tutti a casa, con ogni mezzo possibile e il più rapidamente possibile”.

La tregua a Gaza ha le ore contate: Netanyahu e il nuovo capo dell’IDF assicurano che “la missione contro Hamas non è ancora terminata”

Le sue parole sembrano lasciare pochi dubbi su come intenda raggiungere questo obiettivo, quando subito dopo ha affermato: “La missione contro Hamas non è ancora terminata”. Un’affermazione in linea con le indiscrezioni degli ultimi giorni, secondo cui il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, avrebbe già deciso di riprendere i combattimenti, aspettando solo l’insediamento del nuovo vertice dell’IDF per procedere.

A confermare questa linea è stato lo stesso Netanyahu, che durante la cerimonia di investitura di Zamir ha dichiarato che Israele deve “raggiungere pienamente gli obiettivi della guerra”, aggiungendo che lo Stato ebraico è “più determinato che mai a ottenere una vittoria completa” sull’Iran e sui suoi alleati regionali. “Con il sostegno dei nostri amici negli Stati Uniti, e in particolare del presidente Trump, stiamo ricevendo in Israele proprio ora molte armi fondamentali per la nostra sicurezza”, ha poi concluso il premier israeliano.

Il dramma infinito dei palestinesi

Parole di fuoco, che Hamas ha aspramente criticato, definendole “l’ennesima dimostrazione della volontà di Benjamin Netanyahu di tornare in guerra”.

In questo scenario di alta tensione, proseguono senza successo i tentativi di mediazione da parte di Egitto e Qatar per evitare la fine della tregua a Gaza. L’ultima novità emersa dalla riunione della Lega Araba è che i Paesi della regione stanno cercando di elaborare un piano di pace duraturo, alternativo alla controversa proposta di Donald Trump, che prevede il trasferimento forzato dei palestinesi per affidare a Israele la gestione e la sicurezza della Striscia, trasformandola nella “Riviera del Medio Oriente”.

Al momento, la Lega Araba sta puntando sul piano presentato dall’Egitto del presidente Abdel Fattah al-Sisi, che respinge fermamente l’idea di un trasferimento forzato dei palestinesi e pone l’accento sulla ricostruzione della Striscia, devastata da oltre 15 mesi di bombardamenti, nonché sulla necessità di ripristinare la consegna degli aiuti umanitari, bloccata unilateralmente da Israele. Tuttavia, il piano resta ancora incompleto, poiché manca un accordo tra i leader mediorientali su aspetti cruciali come il mantenimento della sicurezza: alcuni governi vorrebbero includere la “completa demilitarizzazione” di Gaza, mentre altri temono che ciò possa lasciare i palestinesi ancora più vulnerabili.

Quel che è certo è che il tempo stringe e, dopo tre giorni consecutivi di stop agli aiuti umanitari, la situazione a Gaza è ormai fuori controllo. Come denuncia l’ONU, i principali valichi israeliani – Kerem Shalom, Zikim ed Erez – sono rimasti chiusi ai convogli umanitari, una misura che “avrà conseguenze devastanti per una popolazione che ha appena iniziato a riprendersi dopo mesi di privazioni e fame”.

Le Nazioni Unite hanno quindi lanciato un appello “agli Stati membri e a tutti coloro che hanno influenza su Netanyahu”, chiedendo loro di “utilizzare tutti i mezzi a disposizione per garantire il proseguimento del cessate il fuoco”.