L'Editoriale

I due forni di Giorgia

I due forni di Giorgia

I due forni di Giorgia

C’è da capirla, e anche un po’ da compatirla, Giorgia Meloni. La premier italiana che sognava di costruire un ponte tra Stati Uniti e Unione europea sui pilastri di un glorioso neo-atlantismo sovranista, ora si ritrova a fare i conti con una realtà che assomiglia tanto a un incubo. L’amico Trump che, dopo aver cacciato da Washington Zelensky, prepara la guerra dei dazi contro l’Europa e taglia tutti gli aiuti (militari e non) all’Ucraina alla cui causa, insieme al resto dei leader europei, Giorgia aveva giurato fedeltà e sostegno fino alla vittoria sulla Russia, le ha rovinato la festa.

Mettendola di fronte ad un bivio: scaricare Zelensky e l’Europa che conta per compiacere il presidente Usa o rompere con Trump per seguire la deriva bellicista annunciata da von der Leyen, con il suo Piano per il riarmo Ue da 800 miliardi. Oppure la terza via, che almeno per il momento Meloni sembra aver imboccato, ma che non potrà continuare a percorrere a lungo: fingersi morta nei limiti del possibile, alternando i silenzi con interventi di circostanza invitando alla prudenza per non indispettire Washington e nemmeno Bruxelles. Il risultato, finora, è imbarazzante. L’iniziativa di contrasto a Trump a livello europeo lasciata completamente a Francia, Germania e Gran Bretagna (peraltro fuori dall’Ue) e i partiti della sua stessa maggioranza (Forza Italia e Lega) che se le danno di santa ragione sul Piano di riarmo lanciato da von der Leyen. La politica dei due forni di Giorgia non promette nulla di buono. In uno o nell’altro il fornaio finisce sempre per bruciarsi.