Tentato golpe in Corea del Sud: il 55,1% dei sudcoreani vuole tornare alle urne e spera nella vittoria delle opposizioni

Tentato golpe in Corea del Sud: il 55,1% dei sudcoreani vuole tornare alle urne e spera nella vittoria delle opposizioni

Tentato golpe in Corea del Sud: il 55,1% dei sudcoreani vuole tornare alle urne e spera nella vittoria delle opposizioni

Dopo il tentato golpe ordito dall’ex presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, e la conseguente indagine penale che ha messo nel mirino oltre 30 persone, tra cui numerosi funzionari e generali del Paese, a Seoul e dintorni si respira aria di cambiamento. Secondo un sondaggio di Realmeter, la maggior parte degli elettori sudcoreani prevede una vittoria del Partito Democratico, principale forza di opposizione, nel caso in cui la Corte Costituzionale confermi la destituzione di Yoon, aprendo così le porte a elezioni anticipate.

Nello specifico, il 55,1% degli intervistati auspica che dalle urne emerga “un cambio di amministrazione” che porti “l’opposizione” al governo del Paese, mentre solo il 39% si aspetta che “il partito di governo rimanga al potere”. Il restante 5,9% ha dichiarato di non essere sicuro.

Tentato golpe in Corea del Sud: il 55,1% dei sudcoreani vuole tornare alle urne e spera nella vittoria delle opposizioni

Intanto, secondo quanto riportato dai media sudcoreani, l’indagine sui fatti del 3 dicembre procede a ritmo serrato. In particolare, la polizia sarebbe pronta a formulare nuove accuse nei confronti del presidente destituito Yoon per aver ostacolato l’esecuzione del primo mandato d’arresto emesso nei suoi confronti.

Come noto, il leader destituito ha “resistito” per giorni – grazie al supporto del proprio servizio di sicurezza presidenziale – alle forze dell’ordine che intendevano arrestarlo in relazione alla vicenda della proclamazione della legge marziale, successivamente ritirata poche ore dopo a seguito della pronta reazione del Parlamento di Seoul. Un mandato di arresto che doveva essere eseguito rapidamente, ma che Yoon è riuscito a respingere fino al 15 gennaio, quando, dopo settimane di pressione, si è “arreso” denunciando, a suo dire, un arresto “ingiusto e politicizzato”.