La transizione verde dell’Unione europea era già appesa a un filo, ma la Commissione von der Leyen ha deciso di brandire le forbici. Con una serie di proposte che smantellano le regole ambientali appena approvate, Bruxelles ha ceduto alle pressioni delle industrie, rivedendo al ribasso i vincoli ambientali e finanziari. Una retromarcia prevista, per chi da mesi osserva l’evoluzione dell’equilibrio politico nell’Unione.
Un colpo alla finanza sostenibile
L’ultimo pacchetto normativo presentato dalla Commissione elimina l’obbligo per la maggior parte delle aziende di rendicontare l’impatto ambientale delle proprie attività e allenta i criteri della tassonomia verde, il sistema che definisce cosa possa essere considerato un investimento sostenibile. La direzione è chiara: meno regolamentazione, più spazio per il greenwashing. Il principio del do no significant harm, cardine delle politiche di finanza sostenibile, è stato depotenziato fino a permettere che attività dannose per l’ambiente possano comunque essere etichettate come “sostenibili”.
Le bozze iniziali delle nuove regole prevedevano un attacco ancora più radicale. Il progetto originario della Commissione prevedeva di rendere del tutto volontaria la tassonomia, consentendo agli operatori di scegliere se rispettare o meno i criteri ambientali. Solo un’improvvisa rivolta interna ha frenato la corsa verso il baratro. Fonti interne parlano di un fine settimana di scontri tra i commissari, in cui una parte dell’esecutivo ha cercato di limitare i danni. Ma il risultato finale resta un passo indietro significativo: l’85% delle aziende sarà esentato dal rispetto della tassonomia.
La svolta della Commissione ha implicazioni politiche più ampie. Le modifiche normative spaccano l’alleanza centrista su cui Ursula von der Leyen ha costruito la sua rielezione. Il Partito popolare europeo ha sostenuto con forza la deregulation, ma socialisti, liberali e verdi si sono opposti, accusando Bruxelles di lavorare per gli interessi delle grandi aziende tedesche. “Queste misure non aumentano la competitività, servono solo a smantellare le tutele ambientali”, ha attaccato l’eurodeputato Bas Eickhout dei Verdi. Anche Lara Wolters, socialista, ha denunciato il provvedimento come un “pasticcio burocratico” che crea più incertezza di quanta ne rimuova.
La deriva politica della Commissione
Di fronte a una resistenza così netta da parte del centro-sinistra, alla Commissione restano due strade: o avviare un lungo braccio di ferro con le forze moderate o cercare l’appoggio della destra estrema. Quest’ultima ipotesi, ventilata da tempo, potrebbe diventare realtà. La strategia è chiara: il Ppe si sposta verso destra e cerca sponde tra conservatori e sovranisti, accettando il rischio di una frattura con le forze tradizionalmente alleate. In sostanza, la Commissione agisce già con una maggioranza immaginaria, cercando di far passare il messaggio che il consenso c’è, anche quando i numeri non tornano.
Jordan Bardella, leader della destra radicale francese, aveva già evocato un’“alleanza alternativa” tra Ppe, conservatori e nazionalisti per sabotare il Green Deal. E adesso la minaccia si fa concreta: se la Commissione von der Leyen dovesse approvare le sue proposte con i voti dell’estrema destra, si aprirebbe un capitolo inedito nella storia dell’Unione europea. Un’alleanza di governo informale tra popolari e sovranisti rimetterebbe in discussione decenni di equilibri politici e segnerebbe un ulteriore slittamento verso destra delle istituzioni comunitarie.
Il rischio più grande non è solo lo smantellamento delle norme ambientali, ma la legittimazione politica di una nuova maggioranza. Dopo decenni di costruzione di un consenso centrista, Bruxelles potrebbe trovarsi a navigare acque inesplorate. La Commissione von der Leyen non è mai stata eletta direttamente, ma ora rischia di diventare il primo esecutivo europeo a governare grazie al sostegno di forze apertamente anti-europee. Se questo accadrà, non sarà solo la transizione ecologica a pagare il prezzo, ma l’intero assetto democratico dell’Unione. Von der Leyen si sposta a destra per rispondere alla destra soffiata da Trump: non è difficile comprendere come non sia una grande idea.