“Non siamo noi contro la riforma, è la riforma contro i magistrati”: parla il vicepresidente dell’Anm, De Chiara

Sulla riforma e gli attacchi ai magistrati parla il vicepresidente dell'Anm, Marcello De Chiara: "Lo sciopero non sarà contro l'esecutivo".

“Non siamo noi contro la riforma, è la riforma contro i magistrati”: parla il vicepresidente dell’Anm, De Chiara

“Non sono i magistrati contro la riforma, ma purtroppo è la riforma ad essere contro i magistrati”. Parola del vicepresidente Anm, Marcello De Chiara, che denuncia come “l’ufficio giudiziario è talvolta considerato un amico, quando chiede l’assoluzione di Delmastro ed altre volte come un nemico, quando effettua una comunicazione imposta dalla legge, come è avvenuto dopo la denuncia dell’avvocato Li Gotti”.

De Chiara, la sentenza di condanna di Delmastro è un altro attacco al governo da parte di una magistratura politicizzata?
“È davvero preoccupante che i magistrati debbano difendersi da questo tipo di insinuazioni ogni volta che viene condannato o anche solo indagato un esponente del potere esecutivo. È un chiaro segnale che il clima si è deteriorato e che ciò conta non è più il merito delle questioni, ma solo se la decisione risponda o meno alle aspettative della maggioranza. Vicende giudiziarie, anche complesse, oggetto di lunghe istruttorie, vengono ricondotte ad una logica di brutale contrapposizione, in cui il potere esecutivo si presenta al proprio elettorato come vittima di magistrati ostili e prevenuti. Ma è solo propaganda: i magistrati non rispondono a logiche politiche, sono uomini e donne che obbediscono solo alla propria coscienza e decidono sulla base di fatti rigorosamente accertati. Una propaganda che, sul piano del consenso, forse pagherà pure, perché il ‘popolo dei social’ ha bisogno di bersagli ben riconoscibili contro cui scagliarsi, ma il cui costo è elevato per la qualità della nostra democrazia, in quanto determina una pericolosa delegittimazione delle istituzioni. Talvolta gli effetti di ciò appaiono anche paradossali, perché lo stesso ufficio giudiziario, nel caso di specie la Procura della Repubblica di Roma, è talvolta considerato un amico, quando chiede l’assoluzione di Delmastro ed altre volte come un nemico, asservito a fini politici, quando effettua una comunicazione imposta dalla legge, come è avvenuto dopo la denuncia dell’avvocato Li Gotti”.

Per Delmastro la condanna è stata l’ennesimo tentativo di bloccare la riforma Nordio sulla separazione delle carriere…
“Tutto il giudiziario è ormai visto in funzione della riforma in discussione. Ma anche questo è il frutto di una fuorviante suggestione, priva di ogni fondamento con la realtà ed anche con la logica: è difficile comprendere in che modo la condanna pronunciata dal Tribunale di Roma possa incidere sull’iter legislativo della riforma in discussione. Bisogna piuttosto ribadire che i magistrati rispettano massimamente le prerogative del Parlamento e del Governo e si limitano a criticare la riforma in base alla propria qualificata esperienza professionale. Mi consenta di dire che la vicenda Delmastro dimostra semmai meglio di altre argomentazioni l’infondatezza dell’assunto secondo cui i giudici si appiattiscono sulle posizioni della pubblica accusa, perché rende a tutti evidente che le decisioni dei Tribunali sono l’esito di una dialettica in cui accusa e difesa si confrontano ad armi pari ed in cui il giudice dà ragione all’una o all’altra sulla base delle argomentazioni rispettivamente addotte”.

Il governo critica il vostro sciopero, state travalicando le vostre prerogative?
“Lo sciopero proclamato il 27 febbraio non è contro il Governo o contro qualcosa, ma serve a difendere un assetto istituzionale che reputiamo essenziale per garantire l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, che sono beni fondamentali non solo per i magistrati, ma per la comunità intera. Ma c’è qualcosa di più, che bisogna evidenziare. La riforma in discussione non serve a risolvere i problemi della giustizia e nemmeno si prefigge di farlo. Lo ha di recente riconosciuto anche un esponente politico che questa riforma la conosce meglio di altri, come la senatrice Giulia Bongiorno. Mi chiedo allora perché nonostante ciò, continui ad essere considerata la “riforma delle riforme”? Il timore è che sullo sfondo ci sia il tentativo della politica di rivendicare per sé il baricentro del potere, attraverso l’indiscriminato ridimensionamento del potere giudiziario, che, nell’ottica del costituzionalismo liberale, dovrebbe fungere da limite del potere esecutivo. Non sono quindi i magistrati contro la riforma, ma purtroppo è la riforma ad essere contro i magistrati, perché, in tutti i suoi contenuti qualificanti, produce l’effetto di mortificarne la dignità”.

Che sensazioni ha sullo sciopero che avete proclamato per il 27 febbraio: sarà la protesta di tutta la magistratura, o si fermerà solo quella parte che il governo accusa di essere politicizzata?
“Lo sciopero è una forma di protesta rientrante in una logica di contrapposizione che non appartiene al comune sentire dei magistrati; per alcuni è forse una scelta dolorosa, ma per la maggioranza di essi è anche un atto necessitato, imposto dalla propria coscienza. Mi aspetto, quindi, un’elevata partecipazione, perché so che il bisogno di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non è una prerogativa dei magistrati aderenti all’associazione, ma è un valore nel quale si riconoscono indistintamente tutti i magistrati”.

La tagliola sulle intercettazioni: per il governo non vi è alcun intento di depotenziare gli strumenti investigativi, è così?
“Il dibattito sulle intercettazioni è sempre molto complicato perché impone di compiere un delicato contemperamento tra beni giuridici di primaria rilevanza. Da tecnico mi auguro che la politica sappia attribuire la necessaria rilevanza al dato in base al quale i soggetti dediti al crimine sono sempre meno propensi ad utilizzare il telefono per effettuare comunicazioni riferibili alle proprie condotte illecite. Anche il delinquente comune o quello occasionale mette in conto di essere intercettato ed adotta di conseguenze tutte le cautele per ridurre al minimo il rischio, figuriamoci i trafficanti di droga o gli appartenenti alla criminalità organizzata, che ormai utilizzano apparecchi sempre più sofisticati con i quali tentano di eludere gli encomiabili sforzi degli organi investigativi. In tale contesto la scelta di prevedere limiti temporali troppo stringenti alla durata delle intercettazioni rischia di pregiudicare l’efficacia delle indagini”.

Che giudizio dà sulle scelte della maggioranza in tema di lotta alla mafia e alla corruzione?
“Reputo importante che l’attuale Governo dichiari di considerare la lotta alla mafia ed alla corruzione come uno degli obiettivi prioritari della propria azione politica. Mi limito solo ad osservare che l’abrogazione secca del reato di abuso di ufficio sembra contraddire tale intendimento, perché non ha tenuto conto che l’abuso d’ufficio era un fondamentale reato spia: non si è valorizzato il dato emergente dall’esperienza giudiziaria in base al quale, in un numero significativo di casi, le indagini sulla corruzione nascevano proprio da indagini in origine riguardanti segnalazioni per abuso d’ufficio”.