L'Editoriale

Banana Republic

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Chi, cosa, quando, dove e perché. Il cosa e il dove sono noti: giornalisti e attivisti, tra i quali il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e il fondatore dell’Ong Mediterranea Luca Casarini, sorvegliati attraverso un sofisticato spyware di produzione israeliana (il Paragon) fornito allo Stato italiano. Il quando lo ha svelato un’indagine indipendente del Citizen Lab di Toronto che ha accertato come il telefono di Casarini fosse sotto controllo già dal febbraio dell’anno scorso. Ma in base alla regola delle 5W del giornalismo anglosassone, ne mancano ancora due all’appello: il chi e il perché.

Ora, un governo di un Paese democratico, quale si presume sia quello italiano, che al momento della divulgazione della notizia si è affrettato ad escludere ogni coinvolgimento nella vicenda, dovrebbe avere tutto l’interesse ad accertare le responsabilità di uno scandalo che mette in discussione la tutela delle libertà costituzionali. Se non altro per fugare ogni sospetto sul proprio operato. Invece, ieri alla Camera, abbiamo assistito all’ennesimo cortocircuito. Dopo l’annuncio con cui il sottosegretario Mantovano ha fatto sapere che l’esecutivo non avrebbe risposto al Parlamento ritenendo “classificato” ogni aspetto della vicenda che non sia già stato trattato in audizione dinanzi al Copasir, il ministro Nordio ha ritenuto al contrario di chiarire che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, “non ha mai stipulato nessun contratto con qualsivoglia società di qualsiasi tipo”.

E ancora: “Nessuna persona è stata mai intercettata da strutture finanziate dal ministero della Giustizia nel 2024 e nessuno è stato intercettato dalla Polizia penitenziaria”. Come del resto avevano già chiarito Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Servizi Segreti. Risultato: nell’Italia dei misteri, come al solito, non è stato nessuno. Se il governo, come ha ripetutamente sostenuto, non ha nulla da nascondere perché non ha risposto in Parlamento fugando ogni dubbio sul suo operato? Dopo la denuncia annunciata da Ordine e sindacato dei giornalisti, saranno i magistrati ad accendere un faro sulla vicenda. E già sembra di sentire le destre urlare all’ennesimo complotto delle toghe rosse. Per una vicenda degna di una Repubblica delle banane.