Per quanto uno possa tirarla in lungo, con sotterfugi e malizie, equilibrismi e giravolte, arriva sempre il momento nel quale i nodi vengono al pettine. E per la premier Giorgia Meloni quel momento sembra essere sempre più prossimo. La sua politica di “ambivalenza” o, se si vuole, di “equi-vicinanza”, al presidente Usa, Donald Trump, e la sua asserita appartenenza convinta all’Unione europea, non sono infatti più compatibili.
Meloni deve schierarsi. Ma con chi?
Con lo scontro su praticamente ogni aspetto della politica internazionale, dall’Ucraina, alla Nato, dai dazi alle politiche industriali, ora per Giorgia è arrivato il momento di decidere da che parte stare. E, sebbene la presidente del Consiglio faccia di tutto per non prendere (pubblicamente) una decisione, la tecnica dell’armadillo (quello che nei momenti di crisi, si finge morto) non può continuare a lungo.
Scegliere Trump per evitare i dazi
Naturalmente il problema, per Giorgia, è che qualunque scelta decida di fare, avrà delle conseguenze. Negative. I dazi, per esempio: per mesi Meloni ha seguito fedelmente The Donald, convinta che una special relationship con il tycoon avrebbe assicurato al nostro Paese un trattamento di favore. Volendo sorvolare sul fatto che con Trump non si tratta, ma se ne accettano gli ultimatum, e pur ammettendo che l’Italia ottenga una “posizione neutrale” nella guerra doganale già alle porte (cosa tutt’altro che sicura), che conseguenze dovrà aspettarsi dai partner europei?
Sicura la reazione dell’Ue
È evidente, infatti, che Ursula von der Leyen non potrà accettare un trattamento di favore nei confronti un Paese fondatore dell’Unione. Che di fatto si trasformerebbe anche in una sorta di concorrenza sleale nei confronti degli altri stati membri, ponendo più di un problema dal punto di vista del diritto comunitario. Inoltre, un’Italia “vassalla” degli Usa sarebbe una mina pronta a brillare nel cuore dell’Ue, la cui esplosione avrebbe potenziali conseguenze nefaste per la tenuta della stessa Unione.
D’altra parte, l’Italia non un Paese qualsiasi, ma quello che ha il debito pubblico più alto, che è destinatario di una quota ingente del Pnrr (fondi europei) e che ha in corso la bellezza di 73 procedure di infrazione (57 per violazione del diritto dell’Ue e 16 per mancato recepimento di direttive). Un Paese più che debole (e ricattabile) quindi. Inoltre, sempre grazie agli equilibrismi di Giorgia, non ha neanche un commissario di peso (anche se ci hanno venduto la poltrona di Raffaele Fitto come fondamentale).
Giorgia voleva evitare un vertice ristretto
E un eventuale “tradimento” scatenerebbe immediate e scontate ripercussioni. Ursula lo sa, e, soprattutto lo sa Meloni. Da qui la riluttanza a partecipare al vertice ristretto di ieri a Parigi, dove la premier non poteva contare neanche sull’appoggio dell’amico Orbàn, col quale provare a “mascherare” la sua posizione, tentando di prendere tempo.
Se si schiererà con Bruxelles, i guai arriveranno dal fronte interno
Se invece la presidente del Consiglio dovesse decidere di rompere gli indugi e si schierasse con Bruxelles, vanificherebbe tutta la fatica fatta per accreditarsi quale “agente La Havana” di Trump nel Vecchio Continente. Non solo, metterebbe a rischio tutti quei rapporti economici che la vicinanza al tycoon le ha assicurato, a partire dalle trattive molto avviate con la Starlink di Elon Musk, un contratto da oltre un miliardo e mezzo di euro.
E Salvini è pronto ad approfittarne
Senza contare che abbandonare gli Usa per l’Unione Europea – che peraltro in campagna elettorale Meloni ha sempre attaccato, salvo poi farsi immortalare cheek to cheek con von der Leyen in elicottero sopra l’Emilia-Romagna – significherebbe lasciare campo libero a Matteo Salvini sul fronte interno. Salvini è un leader di partito senza più un partito, che si sta giocando la sopravvivenza politica sull’ennesima piroetta a favore di Trump (con tanti cari saluti all’ex amico Vladimir Putin). Insomma, per Meloni il tempo di decidere si avvicina sempre di più, ma le opzioni sul tavolo sono una peggio dell’altra. Peggio per lei, ma, soprattutto, peggio per tutti noi…