I dati Istat resi noti ieri hanno registrato il 23° mese consecutivo di calo della produzione industriale: -7,1% su base annua a dicembre. Pietro Lorefice (M5S), segretario di Presidenza del Senato e capogruppo pentastellato in Commissione politiche Ue, dove stiamo andando?
“Stiamo andando verso una devastazione industriale che sta facendo pagare un conto salatissimo al tessuto produttivo. La striscia di 23 mesi consecutivi di emorragia industriale è un precedente immane, che rischia di prolungarsi. Nel solo 2024 l’industria manifatturiera ha perso ricavi per 42 miliardi di euro, che fanno 115 milioni al giorno, sabati e domeniche comprese. Abbiamo la crescita letteralmente azzerata dopo due anni di Governo Meloni, con domanda interna boccheggiante e consumi fermi. E’ l’effetto dell’economia neoliberista anni ’70 rispolverata dalla Meloni sotto l’ipocrita etichetta della ‘responsabilità’. La premier è certamente responsabile di questo sfacelo”.
Perché chiedete le dimissioni del ministro Adolfo Urso?
“Le dimissioni di Urso sono urgenti e inevitabili. Il ministro di riferimento del settore delle imprese non ne ha azzeccata una. Il suo piano di incentivi all’industria, ovvero Transizione 5.0, ha prelevato dal tanto vituperato Pnrr 6,2 miliardi di euro, ma ne ha visti messi a terra finora meno di 400 milioni, ovvero la miseria del 6%. E’ l’effetto di una misura che più sbagliata non si può, con tempi troppo stretti per gli investimenti delle imprese e una decina di nuovi passaggi burocratici che sembrano essere stati previsti apposta per un far arrancare il piano dalle imprese interessate. Se al posto di Urso ci fosse stato un ministro del M5S la Meloni ne avrebbe chiesto l’espulsione dall’Italia. Urso quindi deve fare un passo indietro una volta per tutte, ma questo certo non esime Meloni e Giorgetti dalle loro enormi responsabilità. Con il rischio dazi sui mercati internazionali e il caro energia, inoltre, la situazione minaccia di peggiorare ulteriormente. Ma il problema è che i veri dazi per l’Italia sono rappresentati proprio da Meloni, Giorgetti e Urso”.
Appena dieci giorni fa l’Istat ha certificato il Pil dimezzato nel 2024 allo 0,5%. E anche per quest’anno le cose non si mettono bene. La variazione acquisita del Pil per il 2025 è nulla.
“E’ il frutto perverso di immani errori esterni e interni. L’errore esterno per eccellenza della Meloni è la subalterna accettazione del nuovo Patto di stabilità, che significa l’obbligo di far calare costantemente la spesa reale del Paese, con più che evidenti effetti prociclici in una fase economica europea complicata. L’errore interno è stato aver tagliato ogni misura di investimento e non aver abbassato minimamente le tasse su famiglie e imprese. L’ultima Legge di bilancio ha confezionato un taglio del cuneo fiscale che, come dimostrano tutte le simulazioni, nel 2025 rende più leggere le buste paga di quasi tutti i 15 milioni di lavoratori dipendenti coinvolti; ai pensionati minimi sono stati riconosciuti appena 1,8 euro in più al mese in busta paga; sono state falcidiate o depotenziate ben 15 agevolazioni fiscali edilizie, facendo risprofondare il settore; sono state tagliate tantissime detrazioni fiscali. Ma dove crede di poter andare in questo modo il Governo? Abbiamo una premier che per distogliere l’attenzione dice in continuazione di non essere ‘ricattabile’, il problema è che a essere sotto ricatto sono gli italiani”.
Abbiamo bollette alle stelle, gli unici che sorridono sono le industrie delle armi e le banche.
“Gennaio si è chiuso con un prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso in aumento del 44% rispetto a un anno fa. Negli ultimi giorni le banche, attraverso il bollettino dell’Abi, la loro associazione, hanno dimostrato che a dicembre 2024 siamo arrivati al 21esimo mese consecutivo di calo dei prestiti a famiglie e imprese. Questo spazza via la narrazione di Giorgetti secondo la quale il penoso ritiro della tassa sugli extraprofitti bancari, prima promessa e poi insabbiata al primo squillo di telefono a palazzo Chigi, avrebbe contribuito ad aumentare il credito e i sostegni dell’economia. Una bufala. Sulle armi non ne parliamo. Abbiamo addirittura un vicepremier, Tajani, che pur di esaudire gli ordini di Trump, e di portare gli investimenti italiani in armi al 2% del Pil, ha proposto di usare il Mes o di distrarre fondi dal Pnrr. Lo ha proprio detto in un’intervista al Corriere della sera, ci rendiamo conto? La realtà è che si sarebbe potuta e dovuta prevedere una vera tassazione degli extraprofitti dei settori energetico, bancario e bellico, ma il Governo ha preferito non disturbare le rispettive lobby”.
Eppure Meloni alla Cisl ha ribadito l’importanza che il governo attribuisce al confronto con settori produttivi, lavoratori e imprese.
“Guardi, la Meloni alla Cisl è stata patetica. A un certo punto, non sapendo più cosa dire, ha testualmente detto ‘cari amici della Cisl, ci unisce un senso di vita che ci porta sempre a guardare verso l’altro e verso l’oltre’. Sembrava un po’ il suo amico, ministro Giuli, quando in Parlamento parlò di ‘ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale’ o di ‘apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa’. Mi pare si vada consolidando uno scollamento dalla realtà di questi signori”.
Che ne pensa della nuova rottamazione proposta dalla Lega?
“Chiariamo subito una cosa. La cosiddetta rottamazione ‘quinquies’ della Lega nasce come reazione al fallimento, riconosciuto dallo stesso Salvini, del concordato fiscale voluto da FdI, rivelatosi un flop sia come adesioni, sia come gettito. Il partito della premier, per contro, non vuole la rottamazione ‘quinquies’, ma solo riaprire la ‘quater’, visto che ben 600mila contribuenti non hanno perfezionato i pagamenti. Forza Italia, dal canto suo, non vuole la rottamazione ‘quinquies’ perché sostiene che dovrebbe essere finanziata con risorse che andrebbero invece utilizzate per sostenere il taglio dell’Irpef sul ceto medio, sbandierato durante la Legge di bilancio ma mai attuato. Il M5S è assolutamente a favore di una misura che possa aiutare a pagare, anche in 120 rate, coloro che sono in difficoltà. Ma bisogna essere chiari: si deve distinguere con puntualità chi è in difficoltà, verificandone le condizioni con precisi parametri, e chi invece non lo è e non paga confidando nella prossima rottamazione. Non possiamo ogni volta fare una rottamazione sexies, septies od octies semplicemente perché dobbiamo tappare i buchi delle rottamazioni precedenti. E non possiamo varare una rottamazione quinquies solo perché è la reazione di Salvini al fallimento del concordato fiscale ed è quindi il prodotto di un regolamento di conti fiscale all’interno della maggioranza. Soprattutto una virtuosa rottamazione non può prescindere da una vera riduzione della pressione fiscale, ovvero l’esatto contrario di quello che ha fatto il Governo con l’ultima, fallimentare Legge di bilancio”.