Dopo quasi tre anni di sanguinosa guerra in Ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky ha aperto alla possibilità di una trattativa diretta con Vladimir Putin per porre fine al conflitto. È accaduto ieri sera, durante un’intervista con il giornalista britannico Piers Morgan, quando, sorprendendo tutti, ha dichiarato di essere disposto a impegnarsi in colloqui diretti con l’omologo russo “se questa è l’unica soluzione per portare la pace ai cittadini ucraini”.
“Non sarò gentile con lui. Lo considero un nemico e, a dire il vero, credo che anche lui mi consideri un nemico”, ha aggiunto il leader di Kiev che, fino a ieri, aveva sempre escluso la possibilità di dialogare con lo zar russo.
Zelensky apre ai negoziati di Pace con Putin, ma per trattare pretende truppe occidentali sul suolo ucraino, l’ingresso di Kiev alla Nato e l’okay a dotarsi di armi nucleari
Contrariamente a quanto riportato da molti quotidiani, l’apertura di Zelensky non è incondizionata. Anzi, le sue parole sembrano piuttosto un tentativo estremo di smuovere la comunità internazionale affinché rafforzi il sostegno all’Ucraina prima che sia troppo tardi. A suggerirlo è il fatto che il presidente ucraino ha ribadito – giustamente – che, in caso di tregua o di pace duratura, il suo Paese dovrà entrare a far parte della Nato.
Ma non è tutto. Considerando che il processo di adesione potrebbe durare un decennio, Zelensky chiede anche garanzie di sicurezza per l’Ucraina, tra cui la presenza di un contingente militare occidentale che sorvegli sull’eventuale tregua con la Russia e, soprattutto, la restituzione delle armi nucleari di cui Kiev si era privata nel 1994, dopo il crollo dell’URSS. Tali armamenti erano stati consegnati a Mosca in cambio della promessa – concordata anche con gli Stati Uniti – che l’Ucraina non sarebbe mai stata coinvolta in un conflitto.
Tutte condizioni che difficilmente potranno essere accettate da Putin, il quale ha sempre affermato che il blocco dell’ingresso di Kiev nella NATO è una condizione sine qua non per sedersi al tavolo delle trattative. Inoltre, la possibilità che l’ex repubblica sovietica torni a disporre di un arsenale nucleare è considerata dal Cremlino “una minaccia esistenziale” per la Federazione Russa.