Con la prima fase dell’accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza ormai prossima alla conclusione, è tempo di negoziare la seconda fase per scongiurare il rischio di una ripresa dei combattimenti tra Hamas e Israele. Tuttavia, le trattative sono avvolte nella più totale incertezza.
Proprio in queste ore, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è detto certo che “i colloqui in Medio Oriente con Israele e altri interlocutori stanno facendo progressi” e ha annunciato che questi saranno valutati oggi durante un incontro a Washington con Benjamin Netanyahu. Parole che sembrano preludere a una felice conclusione delle trattative, ma che sono state messe in dubbio dal quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui il vero obiettivo del viaggio del primo ministro israeliano negli Stati Uniti non sarebbe la ricerca di una pace duratura, bensì l’opposto.
Secondo il popolare quotidiano, Netanyahu intenderebbe chiedere a Trump “il pieno supporto degli Stati Uniti per perseguire lo sradicamento di Hamas”. Haaretz, citando una fonte israeliana anonima, riferisce che Tel Aviv intende evitare un ritiro completo dalla Striscia di Gaza e dal corridoio di Filadelfia almeno finché il movimento terroristico palestinese non sarà completamente eliminato.
A Gaza la tregua torna in bilico. Haaretz rivela che Israele intende riprendere la guerra con Hamas e Netanyahu è andato da Trump per garantirsi l’appoggio incondizionato degli Usa
Malgrado le voci su una possibile ripresa dei combattimenti decisa unilateralmente da Netanyahu, Hamas sta rispettando gli accordi di pace e ha annunciato che “l’ostaggio russo Trufanov sarà liberato a breve”, mentre i termini del rilascio di Maxim Kharkin, nato in Donbass, saranno discussi “nella seconda fase dell’accordo”. Questa mossa, annunciata dal vice capo dell’ufficio politico di Hamas, Musa Abu Marzouk, mira a ottenere il sostegno di Mosca per convincere Israele a evitare una ripresa delle ostilità.
Tuttavia, i combattimenti non si sono mai del tutto fermati. L’esercito israeliano (IDF), seppur con minore frequenza e intensità, continua a colpire la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. I raid e i blitz israeliani hanno spinto il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), a chiedere una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite “per fermare l’attuale aggressione israeliana contro il popolo palestinese e la distruzione da parte delle forze di occupazione di interi quartieri residenziali nei campi profughi di Jenin e Tulkarem”.
Secondo l’ANP, Israele starebbe inoltre “costringendo i civili a lasciare le loro case a Tammun e nel campo profughi di al-Faraa a Tubas”, impegnandosi nella “sistematica distruzione delle infrastrutture”. Inoltre, l’ANP accusa Israele di essere responsabile della “morte di decine di civili, del ferimento di centinaia di persone, dell’arresto di migliaia di cittadini, dell’intimidazione da parte dei coloni e dell’incendio di case e proprietà di civili, con l’obiettivo di espellere il nostro popolo dalla sua terra e dalla sua patria”.