La Corte europea dei diritti umani ha emesso una sentenza che l’Italia non potrà ignorare: le persone che vivono nella Terra dei Fuochi sono state esposte a un pericolo concreto, reale e imminente per la loro salute. Lo Stato italiano, a conoscenza della situazione da decenni, non ha agito con la rapidità e la diligenza necessarie. Non servivano altre prove, non serviva dimostrare il nesso diretto tra quei roghi e l’aumento dei tumori: la Cedu ha stabilito che la sola esposizione a un rischio così grave è sufficiente per condannare l’Italia. Sono passati trent’anni da quando si è iniziato a parlare di veleni sepolti, di falde acquifere contaminate, di discariche abusive. Sette inchieste parlamentari hanno certificato il disastro. Eppure, si è sempre girato lo sguardo altrove. Le bonifiche promesse non sono mai arrivate, le discariche sono rimaste, i roghi non si sono fermati. La politica ha prodotto dichiarazioni indignate, piani di intervento mai attuati, tavoli tecnici senza soluzioni. La sentenza della Corte di Strasburgo non lascia più margine alle scuse. Oggi, come sempre, tutti i partiti si dicono d’accordo: è uno scandalo, bisogna agire. Lo dicono quelli che hanno governato e che in trent’anni non hanno mosso un dito. Lo dicono quelli che governano oggi, gli stessi che in quei territori hanno scelto di concentrare gli sforzi per incarcerare ragazzini invece di mettere fine a un crimine ambientale. Il rischio, ancora una volta, è che questa condanna diventi l’ennesima occasione per proclami senza conseguenze. Ma stavolta c’è una sentenza che impone scadenze e obblighi precisi. Vedremo chi avrà il coraggio di rispettarli.
La Sveglia
Terra dei Fuochi ignorata, l’Italia condannata
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