Mediobanca sulle barricate contro l’offerta “ostile” di Mps

Il cda di Mediobanca boccia, con diversi rilievi, l'offerta di Mps. Prima sconfitta per Caltagirone e il gruppo Delfin.

Mediobanca sulle barricate contro l’offerta “ostile” di Mps

La partita gira tutta intorno a Francesco Gaetano Caltagirone e a Delfin, l’holding della famiglia Del Vecchio. E ieri, come previsto, per loro è arrivata una prima sconfitta, con la netta bocciatura del consiglio d’amministrazione di Mediobanca dell’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps. Un’operazione che il gruppo guidato da Alberto Nagel ritiene “ostile” in quanto “non concordata” e persino “contraria agli interessi di Mediobanca”. Una bocciatura netta con le astensioni solamente di Sandro Panizza e Sabrina Pucci, ovvero i rappresentanti di Delfin nel cda di Mediobanca.

La prima valutazione di Piazzetta Cuccia non lascia spazio a interpretazioni, tanto da definire l’offerta della banca senese come “fortemente distruttiva di valore”. Mediobanca, comunque, si esprimerà sull’offerta “con le tempistiche, gli strumenti e secondo le modalità previste dalla legge”, ma per il momento la chiusura è netta. Nella nota si parla di un’offerta “priva di razionale industriale e finanziario” e per questa ragione “distruttiva di valore”.

Mediobanca boccia l’offerta di Mps: tutti i rilievi

Il primo punto sollevato dal cda di Mediobanca riguarda proprio i due protagonisti, più di chiunque altro, di questa storia: Caltagirone e il gruppo Delfin. Nella nota si parla dei “rilevanti intrecci azionari di Delfin e Caltagirone che sono presenti: in Mediobanca, dove Delfin detiene il 20,4% e Caltagirone il 7,4% (sulla base dello stacco del dividendo di novembre 2024), in Mps, dove Delfin è il primo azionista privato con il 10,4%, mentre Caltagirone detiene il 5,4% (oltre a detenere il 5% di Anima Holding che a sua volta possiede il 4% di Mps), in Assicurazioni Generali, dove Delfin detiene il 10% e Caltagirone il 7%”.

Non solo, perché a giudizio di Piazzetta Cuccia la presenza degli stessi azionisti in Mps, Mediobanca e Generali “nell’ambito di un’offerta esclusivamente in azioni, configura una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagnia azionaria”. Ma le criticità non sono finite qui: “L’operazione – prosegue la nota – manca di un razionale industriale in quanto comporta un forte indebolimento del modello di business di Mediobanca focalizzato sui segmenti di attività specializzate e redditizie quali il Wealth Management e l’Investment Banking”. Ancora, per Mediobanca l’offerta può distruggere “valore per gli azionisti” sia dell’uno che dell’altro istituto.

La conseguenza è una facilmente prevedibile, secondo il cda, “copiosa perdita di clienti in quelle attività che presuppongono l’indipendenza, la reputazione e la professionalità dei professionisti”. Gli avvertimenti proseguono, come quelli riguardanti la difficoltà “a determinare il valore intrinseco dell’azione della banca Mps che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (70% filiali al centro-sud Italia) e di clientela (piccole media impresa), mancanza di fabbriche prodotto”.

Per il board dell’istituto guidato da Nagel manca anche un razionale finanziario in questa operazione, ccon il rischio di “un forte pregiudizio al profilo reddituale di Mediobanca” oltre che “una diluizione dei multipli valutativi di Mediobanca”. Infine, c’è un altro elemento sottolineato dalla nota, ovvero che dopo l’annuncio dell’offerta, il titolo della banca senese è crollato in Borsa, un segnale della “fragilità” dell’operazione che ne “rende improbabile il buon esito”. E questa flessione del titolo prosegue ormai da venerdì, mentre Mediobanca, dopo una crescita iniziale, ha fatto registrare ieri una giornata in rosso, chiudendo in calo del 4,36% a fronte di un’ulteriore perdita del 2,45% per Mps.