Il caso Almasri travolge il governo: indagati Meloni, Piantedosi, Nordio e Mantovani. Ma la difesa della premier è il solito vittimismo

"Non sono ricattabile", dice la premier. E attacca la magistratura. Conte: "Se non ha nulla da nascondere, ne risponda serenamente"

Il caso Almasri travolge il governo: indagati Meloni, Piantedosi, Nordio e Mantovani. Ma la difesa della premier è il solito vittimismo

La notizia dell’avviso di garanzia ricevuto per il caso Almasri la dà lei stessa, via social, con i suoi modi, il suo linguaggio e con il suo – immancabile – vittimismo. “Il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri“, dice al suo popolo Giorgia Meloni.

Meloni indica subito i nemici: Magistratura, sinistra e avvocati

Infilando subito, nella prima frase un giudizio contro la Magistratura (la grande nemica) e un’omissione madornale, visto che il comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osama Almasri Habish non è un “cittadino” normale, ma un ricercato su cui pende un mandato d’arresto della Corte penale internazionale dell’Aja.

Un aguzzino che per la Corte “ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli”. Responsabile del carcere libico di Mittiga (Tripoli), dove dal febbraio 2015 sono stati uccisi almeno 34 detenuti e 22 persone, compreso un bimbo di 5 anni, hanno subito violenze sessuali dalle guardie” dice la Corte.

Con lei, aggiunge Meloni, sono indagati anche i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Sempre la premier spiega che a presentare l’esposto è stato “l’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”. Altra frase ad effetto per il “suo” popolo, che indica nella sinistra il mandante dell’atto dovuto, nonché nel legale che ha avuto a che ha difeso dei pentiti (come se non avessero diritto ad una difesa), lo strumento.

Nel filmato la premier ripete una ricostruzione già smentita dalle toghe

Quindi Meloni ripercorre – a suo modo – la scarcerazione del torturatore, avallando la ricostruzionepresentata in Parlamento dal ministro Piantedosi, che addossa alla Magistratura (sempre lei) tutte le responsabilità. “La richiesta di arresto della procura della Corte penale internazionale non è stata trasmessa al ministero italiano della giustizia – dice – come invece previsto dalla legge e per questo la Corte d’appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida”.

A questo punto “piuttosto che lasciarlo libero, noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza, con volo apposito come accade in altri casi analoghi”. Una ricostruzione già smentita dalla magistratura.

“Non sono ricattabile. Non mi faccio intimidire”

E poi, naturalmente arriva la chiusa muscolare: “Vale oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando in gioco c’è la sicurezza della nazione”.

Da Salvini a Tajani, corsa ad attaccare la magistratura

Altrettanto naturale e immediato il coro di governo e maggioranza a sostegno della capa. Dal “Vergogna, vergogna, vergogna”, del vicepremier Matteo Salvini, che invoca la riforma della giustizia “subito!”, al ministro degli Esteri Antonio Tajani che, dichiarandosi “dalla parte di Meloni, Piantedosi, Nordio e Mantovano” condanna “scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia”. Fino all’immancabile Maurizio Gasparri, che parla apertamente di magistrati che violano “i principi fondamentali della Costituzione” e di “uso politico della giustizia portato alle estreme conseguenze”. In mezzo tutta la destra che invoca il colpo si stato e la riforma della giustizia immediata.

Conte: “La ricetta è sempre la stessa, complottismo e vittimismo”

In questo mare di attacchi ai giudici e allo stato di diritto, si sono fatte vive anche le opposizioni: “La ricetta di Meloni e soci è sempre la stessa: complottismo e vittimismo, dai treni ai migranti”, ha detto Giuseppe Conte sui social. Circa Almasri aggiunge: “il Governo ha combinato un grave disastro politico, mettendo in fila menzogne e versioni diverse, senza spiegarci davvero perché hanno imbarcato a nostre spese e con tutti gli onori su un volo di Stato un criminale libico anziché consegnarlo alla Corte penale internazionale”. “Se ora Meloni ha ricevuto un avviso di garanzia su questa vicenda – che peraltro è un atto dovuto – ne risponda serenamente, se non ha nulla da nascondere”.

La dem Schlein chiama Meloni a riferire in Parlamento

Non affonda invece Elly Schlein, che ha invitato Meloni a chiarire in aula: “Le questioni giudiziarie non attengono al nostro lavoro, ma è sul piano politico che insistiamo dall’inizio chiedendo a Meloni di non nascondersi dietro ai suoi ministri e venire lei domani (oggi, ndr)  in Aula per chiarire al Paese per quale motivo il governo ha scelto di riaccompagnare a casa un torturatore libico per il quale la Corte penale internazionale aveva spiccato un mandato di arresto”.

Bonelli: “Giorgia Meloni non è ricattabile? Lo è, dai libici…”

Più tranchant l’Avs Angelo Bonelli: “La premier smetta di fare la vittima, invocando ancora una volta nemici immaginari utili solo ad alimentare la propaganda: il governo ha violato la legge. E a lei che dice di non essere ricattabile, rispondo: è ricattabile dai libici…”.