Da spauracchio da esorcizzare, a causa delle continue aperture a Vladimir Putin durante la campagna elettorale, a presenza ingombrante con cui Volodymyr Zelensky dovrà ora fare i conti, ora che Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca. È ormai evidente che, con il tycoon, la politica estera americana, perseguita dall’ex presidente Joe Biden, apertamente schierato a fianco di Kiev, subirà una decisa sterzata che potrebbe culminare in un progressivo disimpegno dal conflitto in Ucraina.
Ne è consapevole il leader dell’ex repubblica sovietica, il cui esercito si trova in difficoltà sempre più marcate, che negli ultimi giorni non ha smesso di lanciare segnali concilianti a Trump, definendolo “un uomo dai solidi principi” capace di portare all’agognata conclusione del conflitto, precisando però che questa non potrà che essere “una pace giusta”.
I timori dell’Ucraina
Zelensky, pur consapevole di quanto Trump rappresenti una sfida, si vede costretto a lanciare messaggi distensivi e carichi di speranza. Tuttavia, a Kiev e dintorni l’atmosfera è cupa, come dimostrano le dichiarazioni dell’ex ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, che in un’intervista a La Stampa ha affermato: “Prima di Trump, i leader occidentali sostenevano di voler difendere un ordine mondiale basato sulle regole. Ora, invece, Trump si batterà per un ordine basato sugli interessi. Questa è la principale differenza: se il tuo interesse è più importante della regola, dimentica la regola. Il nuovo leader provocherà numerosi choc, ma alla fine il mondo sopravviverà”.
L’ex ministro ha anche previsto che, nonostante quanto dichiarato da Trump, “non ci sarà una pace rapida in Ucraina. Nei prossimi mesi, Zelensky e Putin daranno segnali costruttivi a Trump per coinvolgerlo, ma c’è un grande divario tra questo e la conclusione di un accordo. La guerra continuerà perché Putin crede ancora di poterla vincere. Qualsiasi pace che lasci territori e cittadini ucraini sotto il controllo russo sarà ingiusta”.
La rivoluzione di Trump
Segnali contrastanti arrivano dalla nuova amministrazione americana. Dopo essere stato confermato all’unanimità dal Senato come Segretario di Stato, Marco Rubio ha dichiarato di non poter stabilire una tempistica per la fine della guerra, sottolineando tuttavia che sia la Russia che l’Ucraina “dovranno concedere qualcosa” per porre fine alle ostilità. Rubio, però, non si è limitato a queste dichiarazioni: pur condividendo la linea di Trump, ha annunciato il suo appoggio a una legge bipartisan che stabilisce che gli Stati Uniti “non possono ritirarsi dall’alleanza senza l’approvazione del Senato o un atto del Congresso”. Questa mossa sembra disinnescare la minaccia dello stesso presidente Trump, che ha più volte criticato il Patto Atlantico, prospettando un’eventuale uscita dall’alleanza.
Europa al bivio
In un contesto così complesso, l’Unione Europea si trova a un bivio. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato la necessità di un cambio di rotta durante il suo intervento al Forum economico mondiale di Davos: “Il mondo sta cambiando. Dobbiamo farlo anche noi. Negli ultimi 25 anni, l’Europa ha fatto affidamento sulla crescente ondata del commercio globale per guidare la sua crescita, sull’energia a basso costo dalla Russia e, troppo spesso, ha esternalizzato la propria sicurezza. Ma quei giorni sono finiti”. Von der Leyen ha quindi ribadito l’importanza di potenziare la difesa europea.
Parlando del conflitto ucraino, ha ricordato che l’Ue ha già speso quasi 130 miliardi di euro per sostenere Kiev e ha promesso: “Continueremo a sostenere l’Ucraina”, anche nel caso in cui Trump riducesse o interrompesse il supporto americano all’ex repubblica sovietica. Tuttavia, il solo supporto economico e militare dell’Europa potrebbe non bastare a scongiurare una disfatta per Kiev.