Il 2025 si apre con un macabro bilancio: otto suicidi tra le persone detenute in Italia in soli venti giorni. Questa mattina, nella Casa Circondariale di Uta, a Cagliari, una persona detenuta di origine straniera si è tolto la vita, impiccandosi nella sua cella. Un gesto estremo che, nonostante i tentativi disperati di soccorso da parte della Polizia penitenziaria e dei sanitari, non ha lasciato scampo.
Un gennaio nero per le carceri italiane
È il secondo suicidio nello stesso carcere dall’inizio dell’anno e, come sottolinea Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, rappresenta l’ennesimo tassello di una “vera e propria carneficina” che coinvolge anche chi nelle carceri lavora: un operatore della Casa Circondariale di Paola, in Calabria, è tra le vittime di un sistema allo stremo.
Un sistema al collasso tra sovraffollamento e carenze
La sequenza di tragedie riflette un problema strutturale e organizzativo che sembra ignorato dall’azione di governo. Con 16.000 detenuti in più rispetto ai posti disponibili e una carenza cronica di personale della Polizia penitenziaria, stimata in 18.000 unità, le prigioni italiane si trasformano in trappole di degrado e disperazione. De Fazio descrive un quadro desolante, fatto di carenze sanitarie, strutture inadeguate e organizzazione inefficace. L’intervento annunciato di un commissario straordinario all’edilizia penitenziaria appare, in questo contesto, una misura tanto tardiva quanto insufficiente.
Il segretario della Uilpa invoca misure immediate: un piano per ridurre la densità detentiva, l’assunzione di nuovo personale e una riforma complessiva del sistema carcerario. L’inerzia rischia di rendere inevitabili altre morti, alimentando un circolo vizioso che penalizza detenuti e operatori.
Un suicidio ogni due giorni: questo non è un dato, ma una condanna collettiva. Ogni vita spezzata grida la complicità di un sistema che sceglie di voltarsi dall’altra parte. E mentre il governo temporeggia, i numeri continueranno a crescere, trasformando le carceri italiane nel simbolo dell’ipocrisia istituzionale.