di Lidia Lombardi
La chiamano provocazione. Oppure operazione di marketing territoriale. O occasione di solidarietà. Comunque sotto il segno dell’opera d’arte. E però la mania di condire scorci cittadini con le cosiddette installazioni effimere, di scempiare con astruserie contemporanee edifici storici non finisce mai di stupire. Quando poi i cittadini, i passanti, alcuni vertici più responsabili si indignano e chiedono a chi si deve l’ideona, ecco il dietrofront, lo smantellamento. Con ulteriore dispendio di tempo e risorse.
Gli ultimi due esempi di scempiaggini metropolitane. Uno a Caserta, davanti alla Reggia, il complesso patrimonio Unesco voluto dai Borbone che non ha niente da invidiare a Versailles, l’altro a Roma, in quel martoriato gioiello del razionalismo novecentesco che è il Foro Italico.
Cominciamo con Caserta
Proprio in faccia alla settecentesca meraviglia firmata dai Vanvitelli è spuntato un corno. Rosso, alto quanto l’edificio, priapesco. Che c’azzecca? E chi l’ha pensato? Tal Lello Esposito, scultore-pittore partenopeo che Dagospia mostra fianco a fianco con Noemi Letizia, l’ex diciottenne omaggiata da Berlusconi. Ma torniamo al corno. Perché? Si sono chiesti i più. E se l’è chiesto soprattutto il ministro per i Beni Culturali, Massimo Bray, il quale ha fatto cercare il sindaco di Caserta, Pio del Gaudio. Che gli ha prontamente telefonato spiegando poi “di aver accolto con favore la sua richiesta di spostare l’installazione”. Si è giustificato anche, il primo cittadino di Caserta: il maxi corno non era un modo di trovare un antidoto alla iella, ma “una provocazione, considerata necessaria per fornire una risonanza nazionale e internazionale al nostro principale monumento cittadino con un’operazione di comunicazione e marketing territoriale”. Fatto sta che l’obbrobrio rosso verrà spostato su meno prezioso sfondo. Ma resta la vergogna, questa sì da far arrossire, sulla quale Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale per l’Unesco, ha commentato: “Il corno davanti all’ingresso della Reggia di Caserta risponde alla logica dei forconi: per attirare l’attenzione si fa di tutto, ma siamo fuori da qualsiasi logica istituzionale”.
E veniamo Foro Italico
Davanti all’Obelisco di Mussolini, la bianca stele che suggella il complesso nato negli anni Trenta e firmato dai maggiori artisti e architetti del periodo – da Del Debbio a Moretti – è spuntato qualche giorno fa un “albero di Natale”. Trattasi di un cono di acciaio che al calar delle ombre si accende di luci al neon accecanti, con scritte che come saette compaiono e scompaiono e che è difficile decifrare. Un pugno nell’occhio davanti al rigore architettonico del Foro. A chi si deve l’alzata d’ingegno? È stata promossa da Acea, Campidoglio, Coni Servizi e l’Ambasciata del Belize. E si chiama Albero della Luce dell’Opportunità, come affermato con altisonanti discorsi da Giovanni Malagò, presidente del Coni, da Pupi D’Angeri, ambasciatore del Paese centroamericano, e da Franco Chimenti, al vertice di Coni Servizi. Ora, quali opportunità? Una sarebbe quella di portare una buona volta rispetto al Foro Italico, oltraggiato da decenni, in totale stato di decadenza nonostante poi si accendano i riflettori per tornei internazionali, come il campionato di tennis, richiamo non solo di sportivi ma di investitori. Senza contare che il Foro una volta detto di Mussolini (e qualcuno vocifera che l’Albero Acea sia stato posizionato davanti alla stele per coprire l’incisione Dux nel marmo) lambisce il ministero degli Esteri, meta di capi di stato di tutto il mondo e che riserva per i ricevimenti la cinquecentesca Villa Madama, anch’essa attigua al Foro. Dunque, che cosa vedono cotanti ospiti sfrecciando con le berline scure? Fino a poco tempo fa anche un mini luna park, piazzato sul lungotevere nel tratto proprio davanti alla Farnesina e che probabilmente l’accorto ministro Emma Bonino, appena insediata, ha fatto sloggiare.
Vedono poi marciapiedi sconnessi e infestati da erbacce e rifiuti, orribili transenne, cancellate incastrate ovunque per incanalare l’ingresso degli spettatori delle partite di calcio. Più avanti, la dechirichiana palestra della Scherma, di Luigi Moretti, trasformata in aula bunker per i processi alle Br, resta una specie di carcere con tanto di scritta Carabinieri. Le statue dello Stadio dei Marmi colano sporcizia nera, gli spartitraffico di cemento della nuova viabilità conseguente alla realizzazione della Galleria Giovanni XXIII da provvisori sono diventati perenni. La decorazione musiva del pavimento all’ingresso del Foro e attorno alla Fontana divelta tessera a tessera dai tifosi e dai patiti dello skateboard. Chiediamo allora: i soldi spesi per il Corno di Caserta e per l’Albero pseudo natalizio del Foro Italico ovviamente non sarebbero bastati ad avviare un qualsiasi restauro. Ma forse sarebbero stati meglio impiegati nella realizzazione di pannelli informativi sui due complessi monumentali e sulle emergenze di conservazione e tutela che bisognerebbe lì affrontare.