“Oggi la fiammata inflazionistica sembra attenuata, ma resta la questione del mancato recupero da parte delle retribuzione del potere di acquisto, logorato dal nuovo livello dei prezzi”. Il rapporto Inapp 2024, presentato martedì a Montecitorio, conferma ciò che era già noto ai più: malgrado la (minima) crescita del Pil e quella dell’occupazione, sul fronte degli stipendi la situazione per i lavoratori continua a essere estremamente difficile. Partendo dai dati contenuti nel rapporto Ocse 2024, l’Istituto guidato da Natale Forlani ha rilevato che nel primo trimestre dell’anno scorso i salari reali erano “ancora inferiori del 6,9% rispetto a prima della pandemia”.
Fra gennaio 2021 e aprile 2024 “l’indice delle retribuzioni contrattuali generale è cresciuto solo del 6,6% rispetto al +15,9% dei prezzi al consumo per famiglie, operai e impiegati, con una differenza di crescita del -9,3% che ha ridotto il potere di acquisto delle retribuzioni. Tra i lavoratori dipendenti, gli operai sono risultati i più penalizzati”. Non è un caso se, per l’Istat, nel 2023 le famiglie operaie in povertà assoluta hanno toccato il livello record di 16,5%, con un balzo in avanti di quasi due punti percentuali rispetto al 14,7% del 2022. Malgrado la “sacralità” del sistema di contrattazione collettiva, tanto caro al governo, l’Inapp accende un faro su questo arrivando a concludere che “la lettura dei principali contratti stipulati in Italia nel periodo in analisi mostra un quadro disomogeneo, in cui le Parti sociali hanno affrontato in modo differenziato la perdita di potere di acquisto delle retribuzioni”.
Seppur nel primo semestre del 2024 si sia registrato qualche positivo cambiamento “rimangono aperte alcune importanti questioni”, in primis proprio quella dei “tempi di reazione e di allineamento tra le buste paga e gli andamenti inflazionistici” scrive l’Istituto. Il quale indica due soluzioni: individuare meccanismi per accelerare il rinnovo dei contratti scaduti (per i metalmeccanici la trattativa è ancora ferma) e rafforzare la diffusione della contrattazione di secondo livello, con particolare riguardo alle “pattuizioni relative al salario accessorio legato agli incrementi di performance”. Tra le ricette non figura il salario minimo, che pure, per l’ex presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda, potrebbe “convivere con la contrattazione collettiva” e “rafforzarsi a vicenda”, stabilendo “dei parametri oggettivi che abbiano il fine di tutelare tutti i lavoratori”. Era il 23 gennaio 2024 quando Fadda pronunciava queste parole. Altri tempi.