Giorgia Meloni ha scelto Abu Dhabi come palcoscenico per esporre la sua visione sul futuro energetico, un futuro che appare più come un esercizio retorico che una proposta concreta. Il suo discorso al summit sulla sostenibilità ha evocato la necessità di un “mix energetico equilibrato”, l’usurata formula che sembra voler accontentare tutti, ma che nei fatti rischia di non scontentare nessuno. Il discorso della presidente del Consiglio è pieno di contraddizioni.
L’insistenza della premier sull’importanza del gas come componente essenziale del mix energetico contrasta con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, che impone una drastica riduzione delle emissioni di gas serra. Nonostante ciò, il governo italiano continua a investire nelle infrastrutture per il gas, perpetuando la dipendenza dai combustibili fossili. I dati del think tank ECCO parlano chiaro: la strada intrapresa dall’Italia è distante da quella necessaria per una reale decarbonizzazione. Inoltre, questa strategia rischia di marginalizzare le energie rinnovabili, già oggi in grado di competere economicamente con le fonti tradizionali.
Gas, nucleare e biocarburanti: un futuro scritto nel passato
La fusione nucleare, da Meloni definita come una possibile svolta storica, è un miraggio. La tecnologia è ancora in fase sperimentale e lontana dall’essere operativa. Nicola Armaroli del CNR è stato netto: affidarsi alla fusione come soluzione è una distrazione dalle azioni urgenti richieste dalla crisi climatica. Mentre i leader mondiali spingono per un’accelerazione delle energie rinnovabili, l’Italia di Meloni sembra preferire un’attesa che il pianeta non può permettersi.
Non mancano le perplessità anche sulla promozione dei biocarburanti e delle tecnologie di cattura della CO₂. I biocarburanti sono già stati oggetto di critiche per i loro impatti ambientali, inclusa la deforestazione e la competizione con le colture alimentari. La cattura della CO₂, sebbene utile in teoria, resta costosa e inefficiente. Anche puntare su queste tecnologie suona più come un tentativo di salvaguardare interessi industriali che una reale strategia di transizione ecologica.
Durante il summit, Meloni ha ribadito che “non possiamo inseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione economica”. Una frase che riecheggia i timori delle lobby fossili e minimizza le opportunità offerte dalle energie rinnovabili, già in grado di competere economicamente con le fonti tradizionali. Un esempio lampante è rappresentato dai dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, che mostrano come l’espansione delle rinnovabili sia oggi più rapida e conveniente che mai.
Accordi miliardari e paradossi climatici
E poi c’è il lato politico della visita: un compleanno celebrato con il primo ministro albanese Rama inginocchiato per regalarle un foulard, mentre si siglano intese milionarie per il trasporto di energia rinnovabile dall’Albania all’Italia. Operazioni che appaiono più come mosse strategiche per rafforzare alleanze politiche che veri passi avanti per la sostenibilità. L’accordo, del valore di circa un miliardo di euro, dovrebbe portare energia rinnovabile dall’Albania all’Italia entro tre anni, ma rimangono dubbi sulla reale trasparenza e sostenibilità dell’intera operazione.
Meloni ha definito l’Italia come l“hub naturale tra Europa e Africa”, ma anche questa visione si scontra con la realtà di un paese che fatica a stare al passo con gli impegni climatici. Mentre la premier celebra il lancio del satellite Iride, destinato a monitorare i cambiamenti climatici, le sue politiche sembrano ignorare quei dati che il satellite raccoglierà. E’ un paradosso emblematico: la tecnologia italiana brilla nello spazio, mentre sulla Terra si fatica a tradurre l’innovazione in azione.
In un’epoca in cui la transizione ecologica è una necessità, non un’opzione, l’Italia di Meloni rischia di trovarsi fuori tempo massimo. Le sue parole a Abu Dhabi suonano più come un manifesto politico che una reale strategia. La transizione energetica richiede coraggio e visione, ma anche una pianificazione che non può essere rimandata. Intanto, il pianeta aspetta. Ma non può aspettare troppo a lungo.