ESCLUSIVO – La Notizia è venuta in possesso della registrazione di una telefonata tra un ministro italiano (che qui indichiamo col nome di ROM perché parla da Roma) e un ministro iraniano (che indichiamo come TEH perché parla da Teheran). È un documento esclusivo in cui i due alti rappresentanti di governo parlano in merito allo scambio di ostaggi, pardon: di detenuti, ossia l’Ingegnere Abedini e la giornalista Cecilia Sala.
ROM: «Buongiorno, amico mio. Ce l’avemo fatta, visto? E tu che nun ce credevi!»
TEH: «Buongiorno, collega. Immagino lei stia parlando del mio connazionale, l’ingegnere Abedini».
ROM: «Eh certo, de che devo parlà! È libero, sta bene, sta ch’è ‘na meraviglia, meglio dequanno l’avemo acchiappato. Me sa che er cibo de Rebibbia e l’aria sana dell’ora d’aria je hanno fatto bene. Ha detto che s’è trovato benissimo, nun la finiva più de ringrazià».
TEH: «Che Iddio benedica il suo Paese, caro collega. Le porgo i miei ringraziamenti e anche quelli della Guida Suprema l’ayatollah Khamenei».
ROM: «Prego, prego, nun c’è de che. Quanno che se può fa ‘n favore, noi lo famo. Stamo qui apposta».
TEH: «Quindi, stimato collega, possiamo mandare un aereo a Roma per riportare a casa l’ingegnere Abedini?»
ROM: «Ma no! Ma che, daverodavero te voi disturbà? Ce pensamo noi a tutto. Mo’ je damo un Falcon de li servizi segreti e te lo riportamo direttamente a Teheran. A bordo je mettemo pure un barbiere così in volo je fa barba e capelli e all’arrivo te lo ritrovi bello bello che manco sua madre l’ha mai visto così».
TEH: «Siete un paese veramente generoso e sono lieto di constatare che sopravvive l’antica e forte amicizia tra l’Italia e l’Iran. Che Iddio benedica i nostri due Paesi».
ROM: «Ah, ‘na cosa: cerchiamo denun fa sapé a li americani che ve stamo a fàtanti favori, se no quelli se sturbano, che già sò nervosi a prescindere. Quelli come niente ce mannano la portaerei Eisenhower e ce bombardano co’ li F-16. Mica scherzi». Si sente una voce che bisbiglia in sottofondo, presumibilmente un collaboratore del ministro italiano: «Capo, ti ricordo che gli americani ascoltano tutte le nostre telefonate».
ROM: «Ch’ho detto? Americani? Un lapsus, me sò sbajato, volevo dì li russi. Ce sta quello, Putin, che è veramente fetente. Quello è capace d’invade la Sicilia e de pijassi Sigonella e poi sò cavoli per farcela ridare».
TEH: «Mi rendo pienamente conto che l’Italia ha il difficile compito di mantenere gli equilibri in un panorama internazionale oggi molto instabile. Comunque ho grande fiducia nel governo Kharbozé e nella sua capacità di mediare tra spinte contrapposte».
ROM: «Kharbozé? E mo’ che è sta roba?»
Voce in sottofondo: «Significa meloni in lingua farsi».
ROM: «Ah, Meloni. Sì, ‘mbè, è tanto brava, tanto caruccia. Pensa che s’è fatta tutto er volo da qui a la Florida per parlare co’ Trump. J’ha detto: “Dài, Donald, nun t’offende se l’ingegnere lo rimannamo in Iran. A te, se vuoi, te damo un altro ingegnere, ce n’avemo un mucchio che sò pure disoccupati. Te lo scegli come vuoi, biondo, moro, alto, basso”. E alla fine Donald ja detto: “Va be’, fate ‘n po’ come ve pare. Però guarda, nun me fa sapè che parli ancora co’ Biden, perché sennò m’incaz.. insomma, me girano, hai capito cosa intendo”. Al che lei je fa: “Ma che dici? Io nun lo sento più da un pezzo a Joe. È lui che s’è preso ‘na cotta. Ma io niente, eh, fredda come ‘n pezzo de marmo”. Oh, insomma, a la fine je l’avemo fatta e te possiamo rimannà a casa l’ingegnere tuo».
TEH: «Grazie ancora, stimato collega, che Iddio la benedica. Buona giornata».
ROM: «Ciao. Fatte vedé ogni tanto, dài, che se beccamo».