Cinquecento bambini feriti ogni mese, quindici ogni giorno. Non sono numeri casuali, ma il risultato terribile che l’uso di armi esplosive ha lasciato sulla popolazione più vulnerabile di Gaza nel 2024. Save the Children, organizzazione umanitaria attiva da decenni nei territori palestinesi occupati, traccia un quadro spietato: almeno 5.230 minori con disabilità permanenti in soli undici mesi, un numero che potrebbe essere sottostimato. Non si contano i danni psicologici, invisibili e pervasivi, che rendono l’infanzia un ricordo lontano per migliaia di bambini.
La guerra contro il sistema sanitario: ospedali in ginocchio e vite condannate
A rendere la situazione ancor più drammatica è il collasso del sistema sanitario. Gli ospedali, spesso bersaglio diretto degli attacchi, faticano a fornire cure di base, figuriamoci trattamenti riabilitativi complessi. L’unico centro di ricostruzione e riabilitazione degli arti di Gaza è inattivo dal dicembre 2023, privato di risorse e personale, e ulteriormente danneggiato dai bombardamenti. Così, un arto mancante diventa una condanna perpetua: le protesi necessitano di continui aggiornamenti, soprattutto per i bambini in crescita. A Gaza, però, è già un miracolo sopravvivere.
Le testimonianze degli operatori sul campo dipingono un quadro disarmante. “Ricuciamo ferite che non si rimarginano”, racconta Ana Jeelani, chirurgo ortopedico. Le lesioni, aggravate dalla malnutrizione cronica, portano spesso ad amputazioni inevitabili. Per molti bambini, la prospettiva è quella di un futuro segnato da deformità, dolori cronici e invalidità precoce. Drammatico è il caso di Ahmad, cinque anni, che ha perso il padre e un braccio in un raid su una scuola-rifugio. “Quando avrò un braccio nuovo?”, ha chiesto al consulente che lo seguiva. La risposta è rimasta sospesa, come la sua infanzia spezzata.
E poi ci sono i numeri dell’Organizzazione mondiale della sanità: oltre 22.500 persone con lesioni debilitanti, migliaia di minori che necessitano di supporto fisico e mentale per anni, forse decenni. Ma a Gaza anche il tempo si è fermato, bloccato dalle restrizioni che impediscono l’ingresso di medicinali e materiali sanitari. La Corte internazionale di giustizia ha parlato di “rischio plausibile di genocidio”, un monito che sembra cadere nel vuoto mentre la comunità internazionale rimane inerme.
Save the Children invoca un cessate il fuoco immediato e la fine delle restrizioni umanitarie. Intanto, l’organizzazione continua a distribuire beni essenziali, cibo, acqua potabile, coperte e kit invernali, un tentativo disperato di tenere viva una speranza. Ma ogni giorno perso è un passo verso l’oblìo per una generazione che non conosce altro che guerra. Le voci dal campo, come quella di Alexandra Saieh, responsabile delle politiche umanitarie di Save the Children, sono un grido d’allarme: “Ogni ritardo mina il futuro già fragile dei bambini palestinesi. Le loro vite spezzate sono il preludio di una società mutilata”.
Un’infanzia sepolta sotto le macerie: il dramma psicologico dei più piccoli
La situazione è aggravata dalle condizioni psicologiche che emergono nei bambini esposti a traumi continui. Secondo Save the Children, gli spazi a misura di bambino allestiti nei rifugi servono a poco in un contesto in cui la paura e il dolore sono la norma. Un consulente psicologico di Gaza racconta: “I disegni dei bambini rappresentano case in fiamme, genitori perduti e sogni infranti. I più piccoli non conoscono un giorno senza conflitto: per loro, la guerra è la normalità”. Questo perpetuo stato di insicurezza non distrugge solo il presente, ma mina anche il futuro della società palestinese.
“Gaza sta ridefinendo le ferite di guerra”, afferma il dottor Ghassan Abu-Sittah, chirurgo esperto in traumi da esplosione. Bambini che non hanno mai imparato a camminare subiscono amputazioni, mentre altri vedono compromesso lo sviluppo delle ossa e delle articolazioni. La prospettiva è di una vita di dolore, interventi chirurgici e limitazioni, in un contesto in cui l’accesso a cure avanzate è un miraggio.
Ma cosa succede quando un intero sistema sanitario è sradicato? A Gaza, la distruzione degli ospedali e l’impossibilità di importare materiali medici stanno creando una crisi dentro la crisi. Il Gaza Protection Cluster stima che oltre il 70% delle strutture sanitarie sia parzialmente o completamente fuori uso. Questo significa che ferite curabili diventano sentenze di morte, e malattie croniche si trasformano in condanne inappellabili.
E così, Gaza diventa il simbolo di un’infanzia che non può giocare, che non può crescere, che non può sperare. Ogni giorno perso non è solo un fallimento umanitario, ma un tradimento verso l’umanità stessa.