Omeonga in campo, la “black list” sparisce: una storia che imbarazza l’Italia

Dal fermo di Natale al campo in Israele: il ritorno di Omeonga solleva nuovi dubbi sull'intera vicenda

Omeonga in campo, la “black list” sparisce: una storia che imbarazza l’Italia

Stéphane Omeonga è tornato in campo. L’ex centrocampista della Serie A, finito al centro di una controversa vicenda internazionale, ieri ha vestito regolarmente la maglia del Bnei Sakhnin in Israele. Proprio lì, nel paese che secondo la polizia italiana non avrebbe mai potuto raggiungere perché, il 25 dicembre scorso, sarebbe stato inserito in una misteriosa “black list” delle autorità israeliane. Una storia che, ora più che mai, solleva interrogativi pesanti sulla gestione dell’episodio da parte delle forze dell’ordine italiane.

Il fermo di Natale: un intervento controverso

I fatti risalgono al giorno di Natale, quando Omeonga, in viaggio verso Tel Aviv per unirsi al club israeliano, è stato fermato all’aeroporto di Fiumicino. La motivazione ufficiale? La sua presenza su una lista di persone non gradite in Israele. Eppure, ieri, davanti ai tifosi del Bnei Sakhnin, Omeonga era in campo, dimostrando che quella black list potrebbe non essere mai esistita.

Omeonga aveva dichiarato di possedere un permesso di lavoro valido e di aver ricevuto rassicurazioni dalle autorità israeliane sull’assenza di qualsiasi impedimento. Nonostante ciò, il calciatore era stato fatto scendere dall’aereo con la forza, trattenuto negli uffici della Polaria e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. Secondo il suo racconto, gli agenti avrebbero agito in modo violento, umiliandolo e privandolo di spiegazioni adeguate. Una denuncia che sollevò immediatamente polemiche sulle modalità dell’intervento.

Un ritorno in campo che smonta la versione ufficiale

Con il suo ritorno in campo, la vicenda assume contorni ancora più inquietanti. Se Omeonga era davvero sulla black list di Israele, come è stato possibile che il calciatore sia ora perfettamente integrato nel campionato israeliano? L’assenza di risposte chiare da parte delle autorità italiane lascia spazio a un’ipotesi difficile da ignorare: che l’intero episodio sia stato frutto di un errore, aggravato da una gestione discutibile.

Ma la vicenda Omeonga tocca temi più ampi, come il pregiudizio. Quanto accaduto  non è un episodio isolato, ma un sintomo di un sistema che, troppo spesso, si arroga il diritto di agire senza trasparenza e senza rendere conto delle proprie azioni.

Oggi Omeonga corre dietro a un pallone in Israele. Chissà se ci saranno indagini indipendenti per fare luce su una vicenda che conferma l’urgenza di garantire che nessun’altra persona debba subire lo stesso trattamento.