Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, negli Stati Uniti si riaccende un dibattito inquietante: l’impiego delle forze armate sul suolo nazionale contro dissidenti politici, proteste e immigrati irregolari. Come riportato da Michael Hirsh su Politico l’ex presidente ha espresso chiaramente l’intenzione di usare l’esercito per affrontare ciò che considera minacce interne. Un approccio che mina il delicato equilibrio tra potere civile e militare.
Un precedente carico di tensione
L’ultima attivazione dell’Insurrection Act risale al 1992, quando il presidente George H.W. Bush inviò l’esercito a Los Angeles per sedare le rivolte seguite al pestaggio di Rodney King. All’epoca, le truppe agirono in ruoli di supporto, evitando il contatto diretto con i civili. Tuttavia, il rischio di escalation violente era palpabile, come dimostra l’episodio in cui un’unità dei Marines, fraintendendo un ordine della polizia, sparò 200 colpi contro un’abitazione occupata.
Oggi, le preoccupazioni sono amplificate. Secondo diversi ufficiali e legali intervistati, il ritorno di Trump potrebbe significare un uso più aggressivo delle truppe, con la possibilità di impiegarle non solo contro disordini ma anche per deportazioni di massa.
Confini legali ed etici
L’Insurrection Act concede al presidente ampi poteri per dispiegare l’esercito in risposta a emergenze interne. Tuttavia, la sua vaghezza crea terreno fertile per abusi. Trump potrebbe invocarlo senza dover dimostrare un reale stato d’insurrezione, basandosi su una generica percezione di “cospirazione”. Per i militari, ciò solleva dilemmi etici: eseguire ordini legalmente validi ma moralmente discutibili, o rischiare la corte marziale rifiutandoli?
Secondo Mark Zaid, avvocato specializzato in diritto militare, numerosi membri delle forze armate hanno già cercato consulenza legale per prepararsi a possibili ordini controversi. La ripresa del “The Orders Project”, fondato nel 2020, riflette esattamente questa crescente preoccupazione.
Preparazione inadeguata
Un altro aspetto critico è la formazione. L’esercito statunitense è addestrato a combattere nemici esterni, non a gestire folle di civili. Questa lacuna operativa aumenta il rischio di errori fatali, come dimostrato dall’uso eccessivo della forza durante le proteste di George Floyd nel 2020. “Non abbiamo una dottrina chiara per queste situazioni,” afferma Anthony Pfaff, studioso di etica militare. Senza regole d’ingaggio precise, la reazione potrebbe essere disordinata e violenta.
Un futuro incerto
Il ritorno di Trump, accompagnato da un team di fedelissimi al Pentagono, alimenta timori che le truppe possano essere strumentalizzate per scopi politici. Come sottolineato dall’ex generale Martin Dempsey, la politicizzazione dell’esercito minerebbe uno dei principi cardine della democrazia americana: il controllo civile sulle forze armate.
Ma le preoccupazioni non sono solo teoriche. Episodi come l’uso dei militari per sgomberare Lafayette Square nel 2020 mostrano quanto sia sottile il confine tra ordine pubblico e abuso di potere. Di fronte a un comando che potrebbe trasformare l’esercito in uno strumento di repressione, la vera sfida per i militari sarà mantenere la propria integrità, rispettando i diritti costituzionali dei cittadini.
Così mentre gli Stati Uniti si preparano a un periodo di profonda instabilità anche il ruolo delle forze armate rimane un’incognita. Il rischio, come ammonisce uno degli esperti intervistati, è che “le cose andranno male, molto male”. E questa volta, il prezzo potrebbe essere la stessa democrazia americana e l’idea di democrazia degli emuli di Trump.