L'Editoriale

Tre ore della solita minestra

Tre ore della solita minestra

Tre ore della solita minestra

Se si escludono le interviste concesse tra un salotto televisivo amico e l’altro, oltre ai colloqui tutt’altro che incalzanti con alcune testate della carta stampata, è dalla catastrofica conferenza stampa sulla tragedia di Cutro (il 9 marzo 2023) che la premier Giorgia Meloni non si sottopone ad una conferenza stampa con un vero contraddittorio. Escludiamo, infatti, dall’elenco anche quella di inizio anno tenuta ieri dalla presidente del Consiglio che, per le regole di ingaggio (il giornalista domanda, la premier risponde, ma non è ammessa la replica: così se dice qualcosa di impreciso o altera i fatti nessuno può fartelo notare), non è certo quella sorta di terzo grado che dal cane da guardia del potere ci si aspetterebbe.

Così tra domande fotocopia su Musk (tante), quesiti mancati (sul record di povertà assoluta e liste d’attesa bibliche in Sanità, per esempio), dribbling e mezze risposte di Meloni (come quelle sul crollo della produzione industriale, carobollette e disoccupazione giovanile), il rituale appuntamento con la stampa parlamentare si è trascinato stancamente, anche quest’anno, per quasi tre ore. Insomma, parlare d’altro volendo si poteva. Ma fino a un certo punto. Del resto, ad oltre due anni dal suo insediamento, finora questo governo si è dedicato principalmente a cancellare le riforme dei governi Conte (dal Reddito di Cittadinanza al Superbonus), a collezionare una serie di schifezze sulla giustizia (come l’abolizione dell’abuso d’ufficio, il bavaglio stampa sulle ordinanze di custodia cautelare o la stretta sul diritto di manifestare) e di leggi scritte con i piedi. A cominciare dall’Autonomia differenziata, già fatta a pezzi dalla Consulta, per proseguire con la riforma del premierato, semmai dovesse vedere la luce, e la separazione delle carriere dei magistrati (all’esame della Camera), destinata a sottoporre il pm al controllo del potere esecutivo, a devolvere al Parlamento la definizione dei reati da perseguire prioritariamente per arrivare, di fatto, al superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale. Certo, non serviva la conferenza stampa di ieri per capirlo. Ma in ogni caso è servita a confermarlo.