Sempre al fianco dei lavoratori, è uno dei mantra del governo. Che continua a rivendicare il taglio del cuneo fiscale – ricordiamo: solo confermato per il 2025 senza nessun beneficio aggiuntivo – presentandolo un po’ come la soluzione a tutti i problemi dei lavoratori e del lavoro in Italia. Eppure quando poi c’è da darsi concretamente da fare, proprio per i lavoratori, ecco che l’esecutivo sparisce. Questa è l’accusa dei sindacati dei metalmeccanici, che parlano di governo “completamente assente” nella trattativa per il rinnovo del contratto.
E così sono in arrivo, dopo le manifestazioni e gli scioperi di metà dicembre, nuove agitazioni nella speranza di sbloccare il rinnovo del contratto del settore. A livello locale gli scioperi potrebbero arrivare in diverse date, ma a livello nazionale la giornata di mobilitazione è prevista per il 15 gennaio. Per le sigle la posizione di Federmeccanica non è accettabile, così come non lo è l’assenza del governo. Per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, l’esecutivo “pensa a farci fare il contratto e poi semplicemente a prendere il 40%” attraverso il prelievo fiscale. D’altronde – protesta il segretario della Fiom-Cgil, Michele De Palma – “anche nella trattativa sul contratto precedente abbiamo chiesto una detassazione per i proventi dell’eventuale rinnovo, ma gli interventi sul Fisco il governo li fa solo altrove: penso alle partite Iva o altri. Chi gioca in Borsa ha una tassazione inferiore a chi va tutti i giorni in fabbrica”.
Rinnovo del contratto dei metalmeccanici, trattative in stallo
Il contratto nazionale è scaduto da sette mesi e per il segretario della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, la posizione di Federmeccanica-Assista è “rigida e inaccettabile”. La protesta è soprattutto contro Assolombarda, che rappresenta “la posizione più oltranzista” in una regione che “da sola rappresenta il 40% della struttura industriale italiana”. Per De Palma il problema è anche che le imprese “hanno fatto profitti importanti in questi anni, ma l’80% di questi è andato a premiare i manager e gli azionisti, mentre ai lavoratori non è arrivato nulla”.
A rischio, a questo punto, sono anche le relazioni industriali, tanto che Palombella sottolinea come non si sia “mai vista” la presentazione di una contro-piattaforma, che metterebbe in discussione la struttura del contratto nazionale. Finora è stata respinta la richiesta di 280 euro di aumento e non ne vengono proposti altri, se non quelli legati all’inflazione. E, inoltre, secondo i sindacati non ci sarebbe “disponibilità a regolare l’utilizzo dei contratti precari attraverso l’intesa nazionale”. E il governo intanto tace.