Secondo i dati presentati da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, la sanità pubblica italiana sta affrontando una crisi senza precedenti, causata da tagli sistematici, sotto-finanziamento e assenza di programmazione. Tra il 2012 e il 2023, la spesa per il personale sanitario ha subito una contrazione complessiva di 28,1 miliardi di euro. Solo nel periodo tra il 2020 e il 2023, i tagli ammontano a 15,5 miliardi, segnando un trend che mina la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Tagli e sotto-finanziamento: un sistema in affanno
Cartabellotta ha evidenziato come, in termini assoluti, la spesa per i redditi da lavoro dipendente sia passata da 36,4 miliardi di euro nel 2012 a 40,8 miliardi nel 2022, per poi scendere nuovamente a 40,1 miliardi nel 2023. Tuttavia, in termini percentuali, la spesa è calata dal 33,5% della spesa sanitaria totale nel 2012 al 30,6% nel 2023. Questo dato riflette una continua riduzione delle risorse dedicate al personale sanitario rispetto al totale dei fondi destinati alla sanità.
La carenza di personale è un elemento centrale della crisi. Secondo Cartabellotta, misure come il blocco delle assunzioni, i mancati rinnovi contrattuali e il numero insufficiente di borse di studio per specialisti e medici di famiglia hanno aggravato la situazione. A queste difficoltà si aggiungono l’abbandono della professione da parte di numerosi operatori sanitari, attratti dal settore privato o dall’estero, e un calo delle iscrizioni ai corsi di laurea in scienze infermieristiche e a specializzazioni mediche meno attrattive.
Un altro elemento critico è rappresentato dai cosiddetti “gettonisti”: medici, infermieri e altri professionisti reclutati tramite agenzie e cooperative. Questo fenomeno, già evidente nel 2019 con una spesa di 580 milioni di euro, è tornato a crescere significativamente negli ultimi anni. Nei primi otto mesi del 2023, la spesa per i gettonisti ha raggiunto 476,4 milioni di euro, il doppio rispetto all’anno precedente.
La distribuzione delle risorse tra le regioni mostra significative disuguaglianze. Nel 2022, la spesa media per unità di personale sanitario è stata pari a 57.140 euro, con un range che varia dai 49.838 euro del Veneto agli 81.139 euro della Provincia autonoma di Bolzano. Cartabellotta sottolinea come le regioni con una gestione più virtuosa dei livelli essenziali di assistenza riescano a mantenere una spesa per unità di personale più bassa, grazie a una riduzione delle posizioni apicali e a un maggiore rapporto tra professioni sanitarie e medici.
Le conseguenze della carenza di personale
La crisi del personale ha avuto un impatto diretto sulla qualità dei servizi sanitari. Liste d’attesa interminabili, pronto soccorso sovraffollati e difficoltà nel reperire medici di famiglia sono solo alcune delle conseguenze di una carenza strutturale di professionisti. Inoltre, il fenomeno dei pensionamenti e l’aumento dei casi di burnout contribuiscono a ridurre ulteriormente la forza lavoro disponibile.
La mancanza di sicurezza e le condizioni di lavoro difficili, aggravate da turni massacranti e da episodi di violenza fisica e verbale ai danni del personale, hanno ulteriormente demotivato i professionisti rimasti. A ciò si aggiungono il peso della burocrazia e la scarsa digitalizzazione, che complicano ulteriormente il lavoro quotidiano.
Cartabellotta ha ribadito che la crisi del personale sanitario non è solo una questione economica, ma una priorità per la sostenibilità del Ssn. Senza interventi mirati per rilanciare le politiche sul capitale umano, sarà sempre più difficile garantire universalmente il diritto alla tutela della salute. La valorizzazione della professione, il potenziamento della formazione e l’innovazione dei processi di valutazione sono, secondo Gimbe, le azioni indispensabili per invertire la rotta.