Nonostante gli annunci e le sanzioni seguite all’invasione russa dell’Ucraina, le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) dalla Russia verso l’Europa hanno raggiunto livelli record nel 2024. Secondo i dati di Rystad Energy, il vecchio continente ha acquistato 17,8 milioni di tonnellate di Gnl russo, con un incremento di oltre 2 milioni rispetto all’anno precedente. Una contraddizione che mette in luce le difficoltà europee nel liberarsi dalla dipendenza energetica da Mosca.
Il record del Gnl russo: una contraddizione europea
La Russia è divenuta il secondo fornitore di GNL per l’Europa, superando il Qatar e posizionandosi dietro agli Stati Uniti. Complessivamente, i flussi di gas russo, considerando sia il trasporto via gasdotto che il GNL, hanno raggiunto i 73,7 miliardi di metri cubi nel 2024. È un dato che si affianca alla drastica riduzione delle importazioni via gasdotto rispetto agli anni precedenti il conflitto. Tuttavia, l’aumento delle forniture di GNL suggerisce un cambio di rotta che non allenta il legame energetico tra Europa e Russia, ma lo trasforma.
Un aspetto cruciale è l’effetto di questa dipendenza sui bilanci europei e sulle politiche climatiche. Le importazioni di GNL russo, trasportato via mare, rappresentano una spesa significativa che continua a finanziare l’economia di Mosca, in un momento in cui la guerra in Ucraina ha reso ogni scelta commerciale un tassello del mosaico geopolitico. A ciò si aggiunge l’impatto ambientale del GNL, la cui produzione e trasporto emettono volumi significativi di CO₂, vanificando parte degli sforzi per rispettare gli obiettivi climatici fissati dall’accordo di Parigi.
La contraddizione si riflette anche nelle politiche europee. Sebbene l’Unione abbia accelerato la transizione energetica con l’adozione di impianti eolici e solari e la semplificazione delle norme per le rinnovabili, i numeri raccontano una realtà diversa. La riduzione della domanda di energia e il potenziamento delle infrastrutture verdi non sono ancora sufficienti a colmare il vuoto lasciato dalla crisi del gasdotto ucraino e dalla necessità di diversificare le fonti.
L’interruzione dei flussi di gas russo attraverso i gasdotti ucraini, avvenuta nel gennaio 2025, ha ulteriormente modificato le rotte del gas. Dopo tre anni di guerra, la chiusura di questa via storica evidenzia l’inasprirsi delle relazioni tra Kiev e Mosca, ma anche la vulnerabilità dell’Europa, costretta a guardare altrove per soddisfare il proprio fabbisogno energetico.
Gli esperti avvertono che la dipendenza dal GNL russo, seppur diversa da quella del gas via gasdotto, rappresenta comunque un freno alla piena autonomia energetica dell’Europa. La necessità di diversificare le fonti è un tema centrale nelle agende politiche, ma i numeri mostrano che il processo è ancora lontano dall’essere compiuto. Le scelte economiche e politiche degli ultimi due anni non sembrano aver inciso abbastanza per ridurre significativamente il peso della Russia tra i fornitori energetici.
Dipendenza e geopolitica: il gas che lega l’Europa a Mosca
Il quadro delineato dai dati solleva una questione più ampia: l’Europa è davvero pronta a rompere i legami con Mosca? Le contraddizioni nelle politiche energetiche e climatiche dell’Unione sembrano suggerire il contrario, evidenziando quanto le dinamiche economiche e geopolitiche continuino a intrecciarsi, anche nelle fasi più critiche della transizione verso un futuro più sostenibile.
L’Ue mira a smettere di importare combustibili fossili russi entro il 2027, ma è stata riluttante a sanzionare il gas come ha fatto per il carbone e il petrolio. A giugno, gli Stati membri hanno concordato di vietare il “trasbordo” di GNL russo che va in paesi non UE a partire da marzo 2025. “I livelli record delle importazioni russe di GNL nel 2024 sono un chiaro promemoria che l’Ue deve agire con decisione per colmare le scappatoie rimanenti nel suo regime di sanzioni”, ha detto Svitlana Romanko, fondatrice di Razom We Stand, un gruppo di campagna per il clima ucraino.