Che Matteo Salvini punti a tornare al Viminale, dopo l’assoluzione sul caso Open Arms, non è più un mistero. E ora sulla maggioranza di governo inizia ad aleggiare lo spettro del rimpasto. Parola pronunciata per la prima volta dal senatore leghista, Claudio Borghi, vicino a Salvini.
Il tema è sempre quello del ritorno di Salvini al ministero dell’Interno dopo l’assoluzione su Open Arms. E Borghi lo rilancia non parlando direttamente di Salvini però: “Sono sempre stato favorevole ai rimpasti”. Posizione di certo diversa da quella della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che il rimpasto l’ha evitato anche quando Raffaele Fitto è stato nominato vicepresidente della Commissione Ue.
La Lega rilancia l’ipotesi di un rimpasto
Per Borghi i rimpasti “aiutano a migliorare la squadra e ai cittadini la cosa piace, un po’ come le sostituzioni del calcio”. Eppure c’è chi non è d’accordo, come Meloni appunto. Finita nel mirino di Borghi: “Purtroppo i governanti odiano cambiare i ministri, forse pensano sia un po’ come ammettere gli errori”.
Subito arriva la frenata di Fratelli d’Italia, in particolare sul ritorno di Salvini al Viminale. Che anche la stessa Meloni aveva già bocciato. Eppure anche nella Lega qualcuno teme che il rimpasto possa non essere la soluzione migliore, considerando che Forza Italia ha superato il Carroccio nei consensi alle europee, e potrebbe quindi pretendere qualche posto in più.
D’altronde Forza Italia già chiede di ottenere qualcosa in più sul fronte di sottosegretari (Cultura) e viceministri (Trasporti), cercando di occupare due caselle rimaste vuote.
L’altra divisione: maggioranza spaccata sulle armi all’Ucraina
Per la Lega il malcontento non riguarda solo l’ipotesi rimpasto, ma anche le armi all’Ucraina, su cui la maggioranza è divisa. L’ultimo Consiglio dei ministri ha confermato l’invio di armi a Kiev per il 2025, ma ora la Lega vuole votare un ordine del giorno, in sede di conversione del decreto, per dire che questa sarà l’ultima fornitura. Ma il capogruppo di Fdi alla Camera, Galeazzo Bignami, frena spiegando che il sostegno continuerà finché l’Ucraina lo richiede. E il governo resta diviso, anche su questo.