Meloni rilancia il modello Albania e continua a puntare su “soluzioni innovative” per la gestione dei flussi migratori. Alfonso Colucci, capogruppo M5S in commissione Affari costituzionali alla Camera, quella del governo è solo un’operazione di propaganda?
“Sì, purtroppo si assiste a questa continua propaganda sulla pelle degli italiani. Il protocollo con l’Albania costa circa 800 milioni in 5 anni, quasi un miliardo se consideriamo anche le spese accessorie, un miliardo di euro sottratti ai servizi per gli italiani. Intanto le pensioni minime aumenteranno di 1,80 euro al mese e al contempo hanno trovato 500mila euro per dare un aumento di stipendio ai ministri non parlamentari, trovano soldi – 2 miliardi – per il Ponte sullo Stretto, quando la sanità pubblica viene definanziata a favore di quella privata. È davvero uno scandalo”.
In attesa della pronuncia della Cassazione e della Corte di Giustizia Ue, Meloni vuole anche rilanciare una sfida ai giudici?
“In tutto questo sappiamo che c’è una sentenza della Cassazione sulla base della quale Meloni dice che le ha dato ragione, ma insomma questa sentenza non l’hanno letta. Perché dice che spetta sì alla politica la qualificazione di un Paese come sicuro ma questa designazione deve essere conforme alla direttiva europea 32 del 2013. Cosa ha detto la Cassazione? Un giudice ordinario non ha il potere di annullare l’atto di designazione dei Paesi sicuri, ma nel caso concreto lo deve disapplicare qualora non sia conforme. Ed è esattamente quello che i giudici hanno fatto fino ad ora. Nel caso dell’Egitto, inserito nel decreto interministeriale – a cui fa riferimento perché precedente ai centri in Albania – poi trasformato in un decreto avente forza di legge, la designazione dell’Egitto come Paese sicuro spetta al governo e su questo non c‘è dubbio. Ma poi, nel caso concreto, il giudice valuta la lesione dei diritti dei migranti e può negare l’applicabilità della procedura abbreviata e quindi rinviare alla procedura ordinaria la valutazione dei presupposti per la concessione dell’asilo. Poi il fatto che questa normativa è contenuta in un atto amministrativo, il decreto interministeriale, oppure in un atto avente forza di legge non fa differenza. Questa sentenza della Corte non dice nulla di più. Anzi. Non si capisce di cosa cantare vittoria”.
Intanto il governo ha cambiato le procedure e a decidere sulle domande d’asilo saranno le corti d’appello: qual è il motivo di queste scelte?
“Sono meccanismi inspiegabili, non si capisce se questo è il quadro giuridico perché i giudici di appello dovrebbero decidere diversamente dai giudici di primo grado. In primo grado i giudici hanno sezioni specializzate sull’immigrazione, con un alto tasso di specializzazione su una materia complessa. Mentre i giudici d’appello non hanno questa formazione data dalle sezioni speciali. Peraltro le corti d’appello si troveranno a vedere raddoppiato il proprio lavoro. Cosa vuol dire? Non potranno esaminare le domande e inoltre l’Italia vedrà allontanarsi gli obiettivi strategici del Pnrr in materia di giustizia, quelli sull’accelerazione dei tempi e sulla riduzione del carico di lavoro. Una scelta di natura ideologica”.
Nel frattempo il governo continua a prorogare la fornitura di mezzi militari all’Ucraina: l’Italia e l’Ue, considerando anche la linea di Trump, vanno controcorrente rispetto a quello che sta avvenendo? Si sta pensando solo a inviare armi invece di cercare davvero una soluzione di pace?
“Esattissimo, noi siamo a sostegno dell’Ucraina ma non attraverso un’escalation militare, ma con una seria politica diplomatica con una soluzione concordata del conflitto. Un’escalation militare seguita dal governo italiano e dall’Europa della von der Leyen, che noi come 5 Stelle non abbiamo votato perché colpevole di essere passata dalla transizione ecologica della scorsa legislatura a quella militare. La Commissione Ue vuole destinare 500 miliardi al riarmo militare. Proprio in riferimento a questi 500 miliardi che l’Ue vuole stanziare, noi abbiamo presentato in Europa, attraverso i nostri eurodeputati, un piano finanziario poderoso per investimenti in lavoro, industria e innovazione. Di questi 500 miliardi, 200 sarebbero per l’industria dell’automotive a tutela dei lavoratori e dell’indotto, e altri 300 miliardi andrebbero in piani di sviluppo per la digitalizzazione del Paese e per favorire l’ingresso nei processi produttivi dell’intelligenza artificiale”.