Le sentenze di proscioglimento/assoluzione sui casi Open (Renzi & C.) e Open Arms (Salvini) dimostrano che non esiste alcuna soggezione dei giudici alle procure. Ma, al contrario, come è normale che sia in un sistema di tipo accusatorio, i giudici decidono, sentite le parti (accusa e difesa) e analizzate le prove, in modo autonomo e indipendente in base al principio del libero convincimento.
Queste sentenze dimostrano, inoltre, che la fantomatica riforma della separazione delle carriere dei magistrati non ha nulla a che vedere con la salvaguardia della terzietà e dell’indipendenza dei giudici rispetto ai pm (anche alla luce del numero esiguo di passaggi da una funzione all’altra). Ma si tratta di una riforma che persegue ben altro fine: sottoporre il pm al controllo del governo; demandare al Parlamento la definizione dei reati che dovranno essere perseguiti dalle procure in via prioritaria; ergo, il superamento de facto dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Ed è facile immaginare a vantaggio di chi. Semmai, la vera criticità confermata dalle due sentenze citate, vista la durata eccessiva dei procedimenti dai quali sono scaturite, è quella dell’eccessiva durata dei processi. Ma non risultano, al riguardo, iniziative degne di nota da parte di questo governo.