Dopo 36 mesi il giorno del verdetto è arrivato. Domani nell’aula bunker di Palermo i giudici della seconda sezione penale entreranno in camera di consiglio per emettere la sentenza per il processo Open Arms su Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.
Caso Open Arms, domani la sentenza: cosa rischia Salvini
All’epoca Salvini era ministro dell’Interno e rischia fino a sei anni di carcere per non aver fatto sbarcare, nell’agosto del 2019, i 147 migranti a bordo della nave della ong spagnola. “Ho difeso i confini italiani, rifarei tutto”, ha sempre detto l’attuale vicepresidente del Consiglio parlando del processo. In queste ore Salvini ha detto di non essere preoccupato, ma “fiducioso e determinato”. Presto raggiungerà Palermo in attesa della sentenza.
Nella requisitoria della procura di settembre era stato sottolineata la necessità, per Salvini, di “rilasciare” il porto sicuro di sbarco per l’imbarcazione, un “chiaro e preciso obbligo del ministro italiano e di nessun altro”. Il Pos “doveva essere rilasciato senza indugio, non un’ora dopo rispetto al momento in cui era stato richiesto”, mentre il diniego “avvenne in intenzione e consapevole spregio delle regole”.
Così facendo, il ministro avrebbe “leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione”. La difesa di Salvini, rappresentata da Giulia Bongiorno, si basa sul presupposto che “il fatto non sussiste”, perché a suo giudizio l’ong non voleva lo sbarco, ma portare avanti un attacco politico. Perché, aveva spiegato, alla Open Arms sarebbero state fornite “innumerevoli possibilità di approdo”.