Varano il concordato fiscale preventivo, leggasi condono, ma vi aderiscono così pochi che riaprono i termini, senza successo peraltro. Varano il bonus Babbo Natale. Ma poi si rendono conto che è fatto male, perché taglia fuori tantissimi potenziali beneficiari, e sono costretti a rivederlo. Idem per l’assegno di inclusione.
Stesso balletto indecente è avvenuto con gli stipendi dei ministri. Venerdì, nelle ultime concitate giornate dell’esame della Manovra, spunta una modifica che farebbe salire lo stipendio dei ministri non parlamentari, equiparandolo a quello dei colleghi che hanno anche un seggio in Parlamento.
Un trattamento esteso a sottosegretari e viceministri. Secondo i calcoli del Sole 24 Ore, lo stipendio di ministri, viceministri e sottosegretari ‘tecnici’ aumenterebbe di 7.193,11 euro al mese.
Un “salario massimo” per i componenti del governo, vanno all’attacco il leader M5S Giuseppe Conte e la segretaria dem Elly Schlein.
Crosetto disinnesca la bomba delle polemiche su ordine di Meloni
Il ministro della Difesa Guido Crosetto sottolinea come la scelta venga dai relatori della manovra e rivendica come nel governo “da due anni serviamo, con disciplina e onore” lo Stato “senza chiederci quale sia il trattamento economico”.
Ed è sempre Crosetto che prova a disinnescare la bomba che ha provocato l’indignazione delle opposizioni. “È assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche sull’emendamento che parificava tutti i ministri e sottosegretari non parlamentari, ai deputati, riconoscendo i rimborsi spese”, dice il ministro della Difesa lunedì sera, pur riconoscendo la bontà della proposta.
“Sono d’accordo con il collega Crosetto – ha dichiarato ieri Giorgia Meloni in Aula alla Camera – e mi unisco alla sua richiesta di proposta di ritiro dell’emendamento”.
E ancora: “L’emendamento proposto da alcuni parlamentari voleva equiparare il trattamento del ministro parlamentare al trattamento del ministro non parlamentare. Sono due persone che fanno esattamente lo stesso lavoro e sarebbe normale che abbiano anche lo stesso trattamento. Dopodiché, prendo atto che, per alcuni colleghi dell’opposizione, lo stipendio dei parlamentari è troppo alto per un ministro”.
“Forse bisognerebbe essere conseguenti nelle proposte che si fanno, però sicuramente eviterei su questo di farmi dare lezioni, particolarmente dai colleghi del M5S, perché è possibile che questa norma non vada bene, però, detto da quelli che hanno speso soldi degli italiani per dare 300.000 euro l’anno a Beppe Grillo, se consentite, anche no”, conclude la premier.
Conte a Meloni: noi ci tagliamo lo stipendio per darlo alla collettività
Replica il leader dei pentastellati: “Dice a noi che non accetta lezioni dal M5S. Ma lo sa che facciamo noi da anni? Cento milioni, tagliandoci gli stipendi, li restituiamo alla collettività”, dice Conte.
Il testo è stato riformulato. La norma ora prevede che i ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma “hanno il diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”. E riguardano il tragitto “da e per il domicilio o la residenza”.
Per questo scopo viene istituito dal 2025 un fondo da 500mila euro presso la Presidenza del Consiglio. “L’aumento degli stipendi dei ministri resta, eccome, sotto forma di rimborso”, accusa il M5S.
Cambia la norma anti-Renzi sui divienti per i compensi extra-Ue
Cambia la norma sul divieto ai compensi extra Ue, la cosiddetta norma anti-Renzi. “Fermo restando quanto previsto dalla legge sul conflitto di interessi”, anche i titolari di cariche di governo, oltre ai presidenti di Regione e delle Province autonome di Trento e Bolzano e i parlamentari, eccetto quelli eletti all’estero, non potranno accettare durante il mandato compensi erogati direttamente o indirettamente da soggetti pubblici o privati, con sede legale e operativa fuori dall’Ue o dello spazio economico europeo.
Per i membri dell’Esecutivo non sarà nemmeno possibile superare questo divieto con la “preventiva autorizzazione” degli organi di appartenenza secondo le procedure stabilite dai rispettivi ordinamenti, nel caso di compensi non superiori ai 100.000 euro all’anno.
Tale deroga sarà invece possibile per i presidenti di Regione, e per i parlamentari (esclusi quelli eletti all’estero).