Francia, Macron si gioca tutto sul centrista Bayrou

François Bayrou, il ritorno del centrista: il mediatore scelto da Macron per governare una Francia frammentata e senza compromessi

Francia, Macron si gioca tutto sul centrista Bayrou

Settantatré anni, sei figli, una fattoria nei Pirenei e un trattore che guida ancora personalmente. François Bayrou, appena nominato primo ministro di Francia, è il simbolo di un centrismo d’altri tempi. Radicato, pragmatico e sempre a un passo dal potere senza mai possederlo del tutto. Fino a ora. Emmanuel Macron lo ha scelto come capo del governo per necessità, non certo per affinità.

L’eterno ritorno di Bayrou

Bayrou, leader del Movimento Democratico (MoDem), è uno di quei politici che sembrano sempre in procinto di scivolare nell’oblio e invece tornano puntuali quando il gioco si fa stretto. Per Macron, in un’Assemblea Nazionale frammentata, Bayrou è diventato imprescindibile. Non c’è accordo che regga senza la sua spalla centrista. Un compromesso che il presidente ha accettato a denti stretti consapevole che il suo nuovo primo ministro è tanto utile quanto scomodo. “Macron deve qualcosa a Bayrou” ha confidato un consigliere all’Eliseo. Il prezzo è una coabitazione forzata tra due protagonisti che condividono l’interesse per il potere ma poco altro.

La carriera di Bayrou è quella di un maratoneta testardo. Candidato all’Eliseo tre volte e sempre sconfitto, ha costruito il suo profilo politico nelle pieghe della Quinta Repubblica. Ministro dell’Istruzione per quattro anni negli anni ’90, fondatore del MoDem nel 2007, interlocutore privilegiato per chiunque abbia voluto stringere il centro in una Francia sempre più polarizzata. Nel 2017, fiutata la forza dell’astro nascente Macron, Bayrou si ritirò dalla corsa presidenziale per appoggiarlo. Una mossa che lo portò alla soglia del potere come ministro della Giustizia, ma il destino gli giocò un brutto scherzo: costretto alle dimissioni pochi mesi dopo per un’indagine su fondi europei. Fu allora che si disse di lui che fosse “un politico finito”. E invece eccolo qui.

Da provinciale irriducibile, Bayrou ha costruito la sua retorica politica sulla distanza dagli estremi in nome di un equilibrio che a tratti sembra più un esercizio di sopravvivenza che un progetto di governo. Lontano dalla Parigi dei tecnocrati, il suo legame con la terra dei Pirenei, dove è nato e cresciuto, è diventato il simbolo di una politica vicina alla Francia profonda. Quella Francia che Macron, con la sua élite considerata “urbana e globalista”, fatica a comprendere.

Un mediatore in un Paese polarizzato

Eppure Bayrou non è solo l’uomo del trattore. Il suo centrismo, per quanto logoro e spesso vago, è quello di un mediatore instancabile. È un uomo che conosce il mestiere, uno che sa come far parlare fra loro pezzi di un Parlamento in guerra. Lo ha dimostrato più volte, come leader di partito e come ministro, anche quando sembrava destinato a essere l’eterno secondo. È forse questa la qualità che Macron cerca disperatamente ora: un uomo capace di ricucire un tessuto politico lacerato.

I suoi primi discorsi da premier, non a caso, hanno toccato corde precise: responsabilità fiscale, riduzione del debito pubblico, rilancio del dialogo con l’opposizione ma senza concessioni agli estremi. Parole da uomo di Stato, certo. Parole che dovranno fare i conti con una Francia che si sta spostando sempre più verso i bordi dello spettro politico. Da una parte la sinistra radicale di Mélenchon, che già minaccia una mozione di sfiducia. Dall’altra il Rassemblement National di Marine Le Pen, che continua a crescere nei sondaggi mentre attende paziente l’ennesimo inciampo di Macron.

Bayrou è tornato al potere ma lo ha fatto come uomo di mediazione in un Paese che sembra aver perso ogni voglia di compromesso. La sua figura, con la sua esperienza e la sua ostinazione, è al tempo stesso un punto di forza e una fragilità per il governo francese. Macron lo sa bene: questa nomina è il sintomo di una strategia politica che si è fatta improvvisazione. Bayrou, da buon maratoneta, è abituato a correre lunghe distanze.

Per ora, il centrista con il trattore ha vinto l’ennesima battaglia. Resta da vedere se sarà in grado di governare un Paese dove l’equilibrio sembra ogni giorno più precario.