Le Lettere

Cetto La Qualunque

Il governo vuole aumentare l’indennità di ministri e sottosegretari non parlamentari dai 10.400 euro attuali a 17.600. No al Reddito di cittadinanza, no al salario minimo, 1,8 euro in più alle pensioni minime e poi ne regalano a sé stessi 7.200 al mese, 86.400 l’anno. Vergogna.
Adriana Colli
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Gentile lettrice, si calmi e rifletta sulle parole d’un grande filosofo: “Mi è stato chiesto, se vengo eletto, cosa intendo fare per i poveri. Una beata minchia intendo fare!” L’avrà riconosciuto, è Cetto La Qualunque, il più alto pensatore di questa compagine di governo. Il suo pilu-pensiero ha fatto scuola: ai suoi comizi si sono istruiti i ranghi di coloro che oggi siedono orgogliosamente e qualunquemente sugli scranni più alti della Repubblica. Mille euro a tutti con un clic, blocco navale dell’Africa, le tasse sono un pizzo di Stato, via le accise sulla benzina, via le commissioni sui Pos, Europa è finita la pacchia, l’Abruzzo domina su tre mari, il liceo del Made in Italy, i migranti in Albania: sono alcune delle idee derivate dalla dottrina di Cetto. E la caccia agli evasori è un delitto. Il capo dell’Agenzia delle entrate, Ruffini, si è dimesso: “Non era mai capitato di vedere pubblici funzionari additati come estorsori di un pizzo di Stato o sentir dire che teniamo in ostaggio le famiglie come i sequestratori”. Ahi, non aveva studiato il pilu-pensiero: “Qui non serve il lavoro, perché se uno sa firmare due assegni a vuoto, di fame non muore”. Cetto aveva previsto anche la familiar-meritocrazia: “E poi tra gli assessori ci sarà mio cugino Rocco. Come dice? È in galera? Sì, ma esce tra due settimane”.