L’Italia si salva grazie agli stranieri, ma anche loro fanno meno figli: la fotografia del declino demografico

L'Italia rallenta il declino demografico grazie agli stranieri, ma anche loro fanno meno figli, adattandosi a un Paese in crisi

L’Italia si salva grazie agli stranieri, ma anche loro fanno meno figli: la fotografia del declino demografico

Il censimento Istat del 2023 conferma una tendenza ormai consolidata: l’Italia è un Paese che invecchia inesorabilmente, sostenuto a fatica dall’apporto delle persone straniere. A fine 2023, la popolazione residente in Italia è calata a 58,97 milioni di individui, con una perdita di quasi 26 mila unità rispetto all’anno precedente. Tra i dati più significativi, spicca un bambino ogni sei ultrasessantacinquenni. Una fotografia impietosa di un Paese in declino demografico, dove l’età media si è attestata a 46,6 anni, con le donne che superano gli uomini.

Il declino demografico e il ruolo delle persone straniere

Nonostante ciò, la componente straniera rappresenta un fattore stabilizzante. Il numero di residenti stranieri è cresciuto a oltre 5,25 milioni (+21,8 per mille rispetto al 2022), incidendo per quasi il 9% sul totale della popolazione. Il saldo migratorio positivo (+281 mila unità) ha di fatto rallentato il declino, ma non basta a invertire la tendenza. Anche tra gli stranieri, infatti, l’invecchiamento avanza: l’età media è salita da 36,2 a 36,8 anni. Un indicatore, questo, che riflette un generale adattamento al contesto italiano, dove la natalità è in caduta libera.

Il numero medio di figli per donna è sceso a 1,20 nel 2023 (da 1,24 del 2022), con un calo che riguarda sia le italiane (1,14 figli per donna) sia le straniere (1,82, in calo rispetto all’1,86 dell’anno precedente). Anche il contributo delle madri straniere, che tradizionalmente ha rappresentato un baluardo contro il crollo delle nascite, sta perdendo forza. L’età media al parto per le donne straniere è aumentata a 29,6 anni, avvicinandosi a quella delle italiane.

Il Mezzogiorno è l’area più colpita dal calo demografico, con tassi negativi che sfiorano l’8 per mille in Basilicata. Al contrario, il Nord-ovest e il Nord-est registrano una lieve crescita, trainata dalla maggiore presenza di stranieri. Tuttavia, la quota di stranieri si concentra prevalentemente nelle grandi città del Nord, lasciando il Sud e le Isole con percentuali marginali, rispettivamente del 4,7% e del 3,9%. Un divario che amplifica le disuguaglianze territoriali e pone interrogativi sulla sostenibilità del sistema sociale nel Mezzogiorno.

Natalità in crisi: un problema che non risparmia nessuno

Nonostante i numeri allarmanti, il ruolo delle persone straniere rimane centrale per il futuro demografico ed economico del Paese. Tra il 2008 e il 2023, le nascite da genitori entrambi stranieri sono diminuite del 3,1%, mentre quelle da coppie miste sono aumentate leggermente (+1,2%). Anche questo dato sottolinea come l’integrazione non possa essere vista come una panacea, ma come un processo che richiede politiche attive e lungimiranti.

La diminuzione delle nascite è un fenomeno complesso, legato non solo alla contrazione della popolazione femminile in età riproduttiva ma anche a una crescente propensione a posticipare la maternità. L’Italia, con una fecondità media tra le più basse in Europa, si trova intrappolata in un circolo vizioso di invecchiamento e denatalità. La soluzione non può limitarsi all’incremento della natalità tramite incentivi economici: è necessaria una riforma profonda delle politiche sociali e di accoglienza.

Ma il punto sostanziale che demolisce la propaganda è che senza un contributo decisivo delle persone straniere il declino demografico sarebbe ancora più marcato. Tuttavia, l’Italia deve fare i conti con una realtà in cui anche chi arriva da Paesi con tradizioni di alta natalità finisce per adattarsi a un contesto che non offre speranze. Siamo un Paese in cui passa la voglia di fare figli. E gli slogan sulla famiglia tradizionale non risolveranno il problema.