Quanto avvenuto in Romania è pazzesco: la Corte costituzionale ha annullato le elezioni presidenziali “per interferenza di TikTok”.
Aldo Pacifici
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Gentile lettore, sembrava brutto senza prove dire “ha stato Putin”, così la Corte ha detto “ha stato TikTok”. Perché al primo turno aveva vinto il candidato Georgescu (22,9%), di destra, contrario agli aiuti all’Ucraina, favorevole a una soluzione negoziale della guerra e quindi “putiniano” per default. A seguire Elena Lasconi (19,17%), pro Ue, terzo il premier uscente Ciolacu (19,15%), socialista pro Ue. Il ballottaggio tra i primi due era fissato l’8 dicembre, ma la Corte ha ordinato di ripetere il primo turno “per sospette ingerenze straniere” (sospette, non provate) tramite TikTok. È pazzesco? No, è il solito metodo, usato già in Ucraina nel 2004: vinse il filorusso Janukovyc, ma i giudici fecero ripetere il voto e vinse per un pelo (probabilmente coi brogli) Jushenko. Succede anche in Georgia, dove le piazze sono aizzate contro brogli “russi” di cui non c’è traccia. Insomma, se non vince un partito pro Usa, si rifanno le elezioni. Invece se vince l’amico dell’America, è tutto bello, anche quando è frutto di probabili brogli, come in Moldavia, dove il sì all’Ue nel referendum vinse per un pelo grazie ai voti dall’estero non controllati da alcun organo indipendente. In Francia il popolo ha votato (62,6%) a favore di forze euroscettiche e anti Nato, di destra e di sinistra, ossia Le Pen e Mélenchon, ma Macron ha nominato premier il pro Ue, pro Nato Barnier (5,4%), poi sfiduciato in parlamento. Quando la volontà del popolo non vale, si chiama democrazia.