Bavagli alla stampa, riforme punitive contro la magistratura e nuove forme di impunità. Con una serie di interventi legislativi legati da un unico filo conduttore: la difesa di una politica sempre più allergica ad ogni forma di controllo. Un obiettivo che il governo in carica e la maggioranza continuano ad inseguire con tenacia e costanza. Con la scusa della presunzione di innocenza, il divieto di pubblicare (in forma testuale, ma solo per riassunto) le ordinanze di custodia cautelare – cioè atti pubblici – fino alla chiusura delle indagini preliminari, la casta si mette al riparo dal giudizio dell’opinione pubblica fino all’eventuale processo. Con la separazione delle carriere dei magistrati, semmai la riforma costituzionale all’esame del Parlamento dovesse vedere la luce, si compie il primo passo verso il controllo del ministro della Giustizia e, quindi, del potere esecutivo su quello giudiziario.
Dopo l’abolizione dell’abuso d’ufficio e il depotenziamento del traffico di influenze, con l’estensione della norma che proroga (per altri quattro mesi) lo scudo erariale per gli amministratori pubblici, la politica si mette al riparo anche dal possibile risarcimento dei danni arrecati con le proprie condotte. Una sorta di immunità quasi totale, a spese del cittadino (ormai privo di tutela penale contro gli abusi di potere) e dell’intera collettività che non potrà essere neppure risarcita in caso di sperperi o distrazioni di risorse pubbliche. Quali siano le conseguenze dell’ennesima proroga dello scudo erariale lo ha spiegato ieri l’Associazione magistrati della Corte dei Conti: “Si tratta di proroga generalizzata e non legata ad alcuna circostanza eccezionale, in violazione del dettato della Corte Costituzionale (sent. n.132/2024). Cinque anni di mancato risarcimento dei danni erariali per condotte attive gravemente colpose sono davvero troppi danni non risarciti che resteranno per sempre a carico dei contribuenti”. Insomma, c’è il “rischio di un vero e proprio scudo tombale”. Chissà se la premier Giorgia Meloni si riferiva a questo quando, non più tardi di qualche mese fa, rivolgendosi all’esecutivo di Fratelli d’Italia, disse: “Stiamo facendo la storia”. Di certo, un finale peggiore era davvero difficile anche solo da immaginare.