La tregua, dopo lo scontro sul canone Rai, è durata solo pochissimi giorni. Poi nella maggioranza sono tornati a volare gli stracci. Il protagonista è sempre Matteo Salvini: il leader della Lega prima ha litigato con l’altro vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, sul ricorso al golden power contro l’offerta di Unicredit per Banco Bpm, ricordandogli che non è lui il ministro dell’Economia. E poi è passato allo scontro con Maurizio Leo, viceministro dell’Economia di Fratelli d’Italia. Insomma, una lite con ognuno dei suoi alleati. Lo scontro sul concordato va avanti ormai da qualche giorno e si è acceso per le 700mila lettere che l’Agenzia delle Entrate avrebbero inviato ai contribuenti per incentivare l’adesione a questo strumento, avvertendoli sull’ipotesi di controlli più stringenti.
Operazione criticata aspramente da Salvini: “Non ho condiviso né nel metodo, né nel merito di questo invio di milioni di lettere sotto Natale con un tono inquisitorio a gente che ha pagato le tasse”. Ma il leader leghista fa di più, mettendo in discussione il concordato: “Se c’è uno strumento che non funziona, e penso al concordato, non bisogna inseguire gli italiani, ma cambiare strumento”. Una sonora bocciatura del concordato preventivo, che già nei numeri è stato un flop. E così rilancia la proposta della Lega, la “rottamazione a lungo termine”: “Ha funzionato in passato, e penso possa farlo anche in futuro”. D’altronde, ribadisce, “se uno strumento non funziona è inutile insistere”.
Scontro sul concordato, la Lega e Salvini contro Leo
La replica del viceministro Leo non si fa attendere: “Non c’è nessuna intenzione di vessare, minacciare o intimorire nessuno. L’obiettivo della riforma fiscale va nella direzione di adottare comportamenti trasparenti nell’amministrazione finanziaria nell’ambito di un rapporto collaborativo con i contribuenti”. Per Leo, le comunicazioni rientrano nella “ordinaria attività” che è poi la strategia alla base del “Fisco amico”.
Eppure non la pensa così la Lega, come sottolinea anche il presidente della commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia: “Sul concordato è stato fatto un errore. Abbiamo criticato le lettere, che non sono proprio da Fisco amico”. Le premesse, in vista del Consiglio dei ministri di lunedì non sono delle migliori. In questo clima di scontro, infatti, i ministri dovrebbero confrontarsi per l’ultima volta sulla manovra, prima che inizino i lavori in commissione sugli emendamenti. Come sottolinea la vicepresidente della Camera e deputata del Pd, Anna Ascani, “mentre Meloni tace, in evidente imbarazzo, il governo è in frantumi e gli italiani ostaggio”.