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L’addio a Marco Magrin e un Paese che non c’è

La storia di Marco Magrin, morto di freddo in un garage, riporta alla realtà di un Paese ben diverso da come viene raccontato dal governo.

L’addio a Marco Magrin e un Paese che non c’è

Da giorni non si parla d’altro che della buonuscita multimilionaria del dimissionario amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares (a proposito: prima o poi qualche sfegatato fan del capitalismo ci spiegherà perché nel 1980 i 10 top manager italiani guadagnavano 45 volte in più di un operaio e oggi 649 volte). La stessa eco mediatica non l’ha avuta invece una notizia che giunge da Treviso, in quel Veneto che è da sempre una delle locomotive economiche d’Italia. La storia è questa: Marco Magrin, 53enne impiegato di un’azienda del territorio, è stato trovato senza vita nel garage della palazzina dove viveva prima di essere sfrattato.

Come riportano le cronache locali, l’uomo aveva tenuto le chiavi del box auto, privo di riscaldamento. Nulla hanno potuto il pur pesante giubbotto e il cappello che indossava: sembra sia stato proprio il freddo la causa della crisi cardiaca che l’ha ucciso. Come detto, Magrin aveva un regolare lavoro. Non era – per usare il gergo caro alla destra – né un “divanista” né un “fannullone”. Malgrado ciò, il suo stipendio era insufficiente a pagare l’affitto; per pudore, Marco non lo aveva raccontato a nessuno. Da due anni a questa parte ci sentiamo dire dai membri di maggioranza e governo che da quando ci sono loro “l’Italia ha rialzato la testa”, che “cresciamo più degli altri Paesi” e che “abbiamo il numero di occupati più alto dai tempi di Garibaldi”.

Tutto bellissimo, ma la vera domanda è: oggi l’Italia sta meglio o peggio di prima? Lascio ai lettori di questo giornale rispondere, ma non si può sottacere che: 1) il Pil è tornato a crescere dello zero-virgola (per Ocse e Istat nel 2024 non andremo oltre il +0,5%) e nel prossimo biennio saremo il fanalino di coda dell’Ue; 2) la produzione industriale è in calo da 20 mesi consecutivi; 3) la cassa integrazione è aumentata del 23,3% su base annua, quella ordinaria ha fatto registrare il +30%; 4) i poveri assoluti hanno raggiunto il record storico di 5,7 milioni, idem le famiglie operaie (16,5%); 5) il potere d’acquisto degli italiani è calato del 10%.

È quindi evidente che il record di occupati da solo non basta per dirsi in salute. Mentre vengono smantellati il Fondo affitti e quello per la morosità incolpevole, quasi 7 milioni di lavoratori hanno il contratto collettivo scaduto, con tutto ciò che questo comporta. Di essi, 1,5 milioni sono i metalmeccanici, che tre settimane fa hanno visto interrompersi le trattative per il rinnovo del Ccnl. Insomma: oggi l’Italia sta meglio o peggio di prima?